domenica 5 aprile 2015

Fiabe delle fate, Contessa de Ségur, 1852 -lavoro in corso

ORSETTO


I. Il rospo e l’usignolo


C’era una volta, vicino al bosco una graziosa masseria chiamata Masseria del Bosco..
La bella massaia si chiamava Agnella e viveva sola nella sua fattoria insieme alla giovane Malvarosa che la aiutava nei lavori di casa. Mai nessuno veniva a trovarle e neanche loro andavano via di casa se non al mercato.
La masseria era piccolina, carina e pulita. Vi era anche una bella mucca bianca che dava latte in abbondanza, un gatto che mangiava i topi, e un asino . L’asino portava ogni martedì al mercato del paesino vicino la verdura, la frutta, il burro, le uova, i formaggi che Agnella vendeva per poter vivere.
Nessuno poteva dire quando Agnella e Malvarosa erano arrivate a questa masseria fino allora sconosciuta.
Una sera Malvarosa mungeva la mucca mentre Agnella preparava la cena. Quando sta per mettere sul tavolo la pentola fummante con una buona zuppa di verza e un vasetto di panna acida vide un grosso rospo che divorava con avidità delle ciliegie che si trovavano su una grande foglia di vite messa per terra.
“Rospo schifoso!” gridò Agnella “ Te la faccio io vedere a venire qui a mangiare le mie belle ciliege!”

Nello stesso tempo alzo la foglia di vite sulla quale stavano le ciliegie , diede un calcio al rospo facendolo rotolare dieci metri. Stava per buttarlo fuori quando il rospo emise un fischio acuto, si alzo sui suoi piedi posteriori con gli occhi in fiamme , la bocca aperta fremeva dalla rabbia, tutto il suo corpo fremeva e dalla sua gola si sentì un gracidio orribile .
Agnella si fermò spaventata, fecce un passo indietro per evitare il veleno di questa bestia mostruosa e agitata. Cercava nei dintorni una scopa per buttarlo fuori ma il rospo avanzo verso di lei un passo con atteggiamento minaccioso e disse con voce rauca fremente di rabbia:
“Hai osato darmi un calcio, mi hai impedito di mangiare le tue ciliege, e volevi cacciarmi dalla tua casa. La mia vendetta ti raggiungerà in ciò che hai più caro. Allora capirai che non si può oltraggiare impunemente la fata Rabbiosa! Partorirai un figlio coperto con pelliccia d’orso e …”
“Fermati sorella!” si sentì dall’alto una voce dolce e melodiosa. Agnella alzò la testa e vide un usignolo seduto sopra la porta d’entrata. “Ti vendichi in maniera troppo crudele di un oltraggio dovuto non a te in quanto fata ma all’aspetto brutto e sporco che da sola hai scelto. In quanto io possiedo un potere superiore al tuo ti difenderò di aggravare i danni che hai già combinato anche se non sta in mio potere di cancellarli. Tu, povera madre” disse rivolgendosi ad Agnella “non disperare, ci sarà un rimedio alla difformità del tuo figlio. Io gli dono la possibilità di cambiare la pelle con la persona che, portata da sincera riconoscenza avrà la magnanimità di accettare questo cambio. Lui ritornerà allora cosi bello come fosse stato se la mia sorella Rabbiosa non avesse dimostrato il suo brutto carattere.
“Oh Signora Usignolo, La ringrazio per la sua bontà, ma questa non impedirà al mio povero figlio di essere orrendo e simile a una bestia”

“Questo è vero” disse la fata Giocosa “ anche perché né a te né a Malvarosa è permesso di cambiare pelle con lui. Ma io non vi abbandonerò e non abbandonerò neanche il vostro figlio! Lo chiamerete Orsetto fino al giorno in cui potrà riprendere il suo vero nome degno della sua nascita e della sua bellezza: Il Principe Meraviglioso”
Dicendo queste parole la fata scomparve, volando via.

La fata Rabbiosa si ritirò piena di veleno, col passo pesante volgendosi indietro ad ogni passo per guardare Agnella con un’aria irritata. Spruzzava veleno su tuto il suo tragitto cosi che fece seccare l’erba, le piante e gli arbusti che si trovavano sulla sua strada. Il suo veleno era cosi potente che là l’erba non crebbe giammai e ancor oggi si chiama il sentiero della fata Rabbiosa.
Una volta rimasta sola Agnella scoppio in un pianto con singhiozzi. Malvarosa che aveva finito il suo lavoro e finché s’ avvicinava l’ora della cena entrò in casa e scopri sgomenta che la padrona piangeva,
“Mia cara regina, cos’è successo? Chi mai ti ha fatto soffrire? Non ho visto nessuno entrare in casa”
“Nessuno mia cara figliuola, è entrato solo chi può entrare dovunque: una fata malvagia con le sembianze di rospo, e una fata buona sotto le sembianze di un usignolo”
“E che cosa ha detto questa fata che L’ha fatta piangere? La fata buona non ha impedito a quella malvagia di farLe del male?”
“Non figliuola, ha attenuato un po’ la maledizione ma non ha potuto cancellarla”
Agnella raccontò a Malvarosa per filo e per segno tutto ciò che era successo e le disse che partorirà un figlio coperto di pelliccia d’orso.
Sentendo tutto questo Malvarosa pianse insieme alla sua padrona:
“Che disgrazia!” esclamò ella “Che vergogna per l’erede di un cosi bel regno che sia orso! Cosa dirà il vostro marito, re Feroce se giammai ci ritroverà?”
“Ma come potrebbe ritrovarci Malvarosa? Tu sai che dopo la nostra fuga ci sollevò in aria un turbine che ci fece girare per dodici ore, buttandoci da una nuvola all’altra con grande velocità, quindi dobbiamo essere a più di tremila miglia dal regno di Feroce. Infatti tu conosci quanto sia vendicativo e quanto mi odia dopo che gli avevo impedito di uccidere il suo fratello Indolente e la sua cognata Nonchalance. Sai bene che siamo fuggite solo perché egli voleva uccidere pure me però io non temo che ci possa ritrovare.
Malvarosa, dopo che pianse per un po’ con la sua regina Amada (questo era il suo vero nome), la invitò a mettersi alla tavola.
“Anche se piangessimo tutta la notte tanto non possiamo impedire ormai che il Suo figlio nasca coperto di pelliccia; ma ci impegneremo di tirarlo su cosi bene che grazie alla sua bontà troverà presto una buonanima disponibile di cambiare sembianze con lui, cosi tornerà alla sua vera pelle bianca e non vivrà a lungo con la pelliccia d’orso che gli ha dato la fata Rabbiosa. Bel regalo posso dire! Sarebbe stato meglio se l’avesse tenuto per sé!
La regina, che noi continueremo di chiamare Agnella per non svegliare il sospetto di re Feroce, si alzò lentamente, si asciugò le lacrime e provò a vincere la sua tristezza.; pian pianino la fiducia e l’ottimismo di Malvarosa acquetarono la tensione. Prima che finisse la serata, Malvarosa aveva già convinto Agnella che Orsetto non resterà per lungo tempo con le sembianze d’orso, che ritornerà presto alle sembianze principesche: che, se la fata accettasse, anche lei sarebbe disponibile di fare il cambio.
Agnella e Malvarosa andarono tranquille a dormire.


II. La nascita e l'infanzia di Orsetto


II. La nascita e l’infanzia di Orsetto

Tre mesi dopo la comparsa del rospo e del sinistro malaugurio della fata Rabbiosa , Agnella diede alla luce un maschietto. Gli diede il nome Orsetto seguendo gli ordini della fata Giocosa. Né lei , né Malvarosa potevano dire se il bimbo è bello o brutto in quanto tutto il suo copro era coperto da una folta pelliccia bruna e gli si vedevano solo gli occhi e la bocca, anche quelli si vedevano solo quando li apriva. Se Agnella non fosse stata la sua madre, e se Malvarosa non avesse amato Agnella come una sorella, povero Orsetto sarebbe morto di fame perché era cosi inquietante che nessuna persona l’avrebbe mai toccato; l’avrebbero preso per un piccolo orso e l’avrebbero cacciato via con la forca. Ma Agnella era la sua madre e il primo gesto che fece fu di abbracciarlo tra le lacrime.
“Povero Orsetto! Chi mai potrà amarti cosi tanto da liberarti da questa orribile pelliccia. Uffa! Perché non posso fare io il cambio che la fata buona aveva permesso a chi t’amerà? Nessuno riuscirà ad amarti come me!”
Orsetto non rispose, perché dormiva.
Malvarosa pianse pure lei tanto per tenere compagnia ad Agnella ma non aveva l’abitudine di affliggersi lungamente quindi si asciugò le lacrime e disse:
“Cara mia regina, sono talmente convinta che il vostro figlio non terrà per lungo tempo questa brutta pelliccia d’orso che io lo chiamerò già da oggi il principe Meraviglioso.”
“Fermati figlia mia” replicò decisa la regina “Alle fate piace essere obbedite”
Malvarosa prese il bimbo, lo avvolse nelle fasce che avevano preparato, e si abbasso per baciarlo ma si punse le labbra con i peli irsuti di Orsetto.
“Non ti bacerò troppo spesso figlio mio” sussurrò a bassa voce “Pungi come un riccio”
Il bimbo fu affidato a Malvarosa . Di orso aveva solo la pelliccia: oltre ciò era il bambino più dolce, saggio, affettuoso che avevano mai conosciuto. Quindi anche Malvarosa lo amava teneramente.
In misura in cui Orsetto cresceva gli permettevano di allontanarsi dalla fattoria; non correva alcun pericolo perché nel paese lo conoscevano: i bambini scappavano via da lui, le donne ne avevano schifo, gli uomini lo evitavano, lo consideravano un essere maledetto. Qualche volta quando Agnella andava al mercato, lo metteva in groppa all’asinello e lo portava con se. In quei giorni faceva più fatica a vendere la frutta e i formaggi; le madri scappavano via per paura che l’orsetto non le avvicini. Agnella piangeva spesso, chiamando invano la fata Giocosa; la speranza rinasceva nel suo cuore ogni volta che vedeva un usignolo volteggiarle vicino, ma quel’ usignolo era solamente un’ usignolo (da mangiare) e non una fata.




III. Violetta

(segue)



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