lunedì 28 settembre 2015

Fiabe delle fate, Contessa de Ségur (lavoro in corso)




Orsetto



I. Il rospo e l’usignolo

C’era una volta, vicino al bosco una graziosa masseria chiamata Masseria del Bosco..
La bella massaia si chiamava Agnella e viveva sola nella sua fattoria insieme alla giovane Malvarosa che la aiutava nei lavori di casa. Mai nessuno veniva a trovarle e neanche loro andavano via di casa se non al mercato.
La masseria era piccolina, carina e pulita. Vi era anche una bella mucca bianca che dava latte in abbondanza, un gatto che mangiava i topi, e un asino. L’asino portava ogni martedì al mercato del paesino vicino la verdura, la frutta, il burro, le uova, i formaggi che Agnella vendeva per poter vivere.
Nessuno poteva dire quando Agnella e Malvarosa erano arrivate a questa masseria fino allora sconosciuta.
Una sera Malvarosa mungeva la mucca mentre Agnella preparava la cena. Quando sta per mettere sul tavolo la pentola fummante con una buona zuppa di verza e un vasetto di panna acida vide un grosso rospo che divorava con avidità delle ciliegie che si trovavano su una grande foglia di vite messa per terra.
“Rospo schifoso!” gridò Agnella “ Te la faccio io vedere a venire qui a mangiare le mie belle ciliege!”
Nello stesso tempo alzo la foglia di vite sulla quale stavano le ciliegie , diede un calcio al rospo facendolo rotolare dieci metri. Stava per buttarlo fuori quando il rospo emise un fischio acuto, si alzo sui suoi piedi posteriori con gli occhi in fiamme , la bocca aperta fremeva dalla rabbia, tutto il suo corpo fremeva e dalla sua gola si sentì un gracidio orribile .
Agnella si fermò spaventata, fecce un passo indietro per evitare il veleno di questa bestia mostruosa e agitata. Cercava nei dintorni una scopa per buttarlo fuori ma il rospo avanzo verso di lei un passo con atteggiamento minaccioso e disse con voce rauca fremente di rabbia:
“Hai osato darmi un calcio, mi hai impedito di mangiare le tue ciliege, e volevi cacciarmi dalla tua casa. La mia vendetta ti raggiungerà in ciò che hai più caro. Allora capirai che non si può oltraggiare impunemente la fata Rabbiosa! Partorirai un figlio coperto con pelliccia d’orso e …”
“Fermati sorella!” si sentì dall’alto una voce dolce e melodiosa. Agnella alzò la testa e vide un usignolo seduto sopra la porta d’entrata. “Ti vendichi in maniera troppo crudele di un oltraggio dovuto non a te in quanto fata ma all’aspetto brutto e sporco che da sola hai scelto. In quanto io possiedo un potere superiore al tuo ti impedisco di aggravare i danni che hai già combinato anche se non sta in mio potere di cancellarli. Tu, povera madre” disse rivolgendosi ad Agnella “non disperare, ci sarà un rimedio alla difformità del tuo figlio. Io gli dono la possibilità di cambiare la pelle con la persona che, portata da sincera riconoscenza avrà la magnanimità di accettare questo cambio. Lui ritornerà allora cosi bello come fosse stato se la mia sorella Rabbiosa non avesse dimostrato il suo brutto carattere.
“Oh Signora Usignolo, La ringrazio per la sua bontà, ma questa non impedirà al mio povero figlio di essere orrendo e simile a una bestia”

“Questo è vero” disse la fata Giocosa “ anche perché né a te né a Malvarosa è permesso di cambiare pelle con lui. Ma io non vi abbandonerò e non abbandonerò neanche il vostro figlio! Lo chiamerete Orsetto fino al giorno in cui potrà riprendere il suo vero nome degno della sua nascita e della sua bellezza: Il Principe Meraviglioso”
Dicendo queste parole la fata scomparve, volando via.
La fata Rabbiosa si ritirò piena di veleno, col passo pesante volgendosi indietro ad ogni passo per guardare Agnella con un’aria irritata. Spruzzava veleno su tuto il suo tragitto cosi che fece seccare l’erba, le piante e gli arbusti che si trovavano sulla sua strada. Il suo veleno era cosi potente che là l’erba non crebbe giammai e ancor oggi si chiama il sentiero della fata Rabbiosa.
Una volta rimasta sola Agnella scoppio in un pianto con singhiozzi. Malvarosa che aveva finito il suo lavoro e finché s’ avvicinava l’ora della cena entrò in casa e scopri sgomenta che la padrona piangeva,
“Mia cara regina, cos’è successo? Chi mai ti ha fatto soffrire? Non ho visto nessuno entrare in casa”
“Nessuno mia cara figliuola, è entrato solo chi può entrare dovunque: una fata malvagia con le sembianze di rospo, e una fata buona sotto le sembianze di un usignolo”
“E che cosa ha detto questa fata che L’ha fatta piangere? La fata buona non ha impedito a quella malvagia di farLe del male?”
“Non figliuola, ha attenuato un po’ la maledizione ma non ha potuto cancellarla”
Agnella raccontò a Malvarosa per filo e per segno tutto ciò che era successo e le disse che partorirà un figlio coperto di pelliccia d’orso.
Sentendo tutto questo Malvarosa pianse insieme alla sua padrona:
“Che disgrazia!” esclamò ella “Che vergogna per l’erede di un cosi bel regno che sia orso! Cosa dirà il vostro marito, re Feroce se giammai ci ritroverà?”
“Ma come potrebbe ritrovarci Malvarosa? Tu sai che dopo la nostra fuga ci sollevò in aria un turbine che ci fece girare per dodici ore, buttandoci da una nuvola all’altra con grande velocità, quindi dobbiamo essere a più di tremila miglia dal regno di Feroce. Infatti tu conosci quanto sia vendicativo e quanto mi odia dopo che gli avevo impedito di uccidere il suo fratello Indolente e la sua cognata Nonchalance. Sai bene che siamo fuggite solo perché egli voleva uccidere pure me però io non temo che ci possa ritrovare.
Malvarosa, dopo che pianse per un po’ con la sua regina Amada (questo era il suo vero nome), la invitò a mettersi alla tavola.
“Anche se piangessimo tutta la notte tanto non possiamo impedire ormai che il Suo figlio nasca coperto di pelliccia; ma ci impegneremo di tirarlo su cosi bene che grazie alla sua bontà troverà presto una buonanima disponibile di cambiare sembianze con lui, cosi tornerà alla sua vera pelle bianca e non vivrà a lungo con la pelliccia d’orso che gli ha dato la fata Rabbiosa. Bel regalo posso dire! Sarebbe stato meglio se l’avesse tenuto per sé!
La regina, che noi continueremo di chiamare Agnella per non svegliare il sospetto di re Feroce, si alzò lentamente, si asciugò le lacrime e provò a vincere la sua tristezza.; pian pianino la fiducia e l’ottimismo di Malvarosa acquetarono la tensione. Prima che finisse la serata, Malvarosa aveva già convinto Agnella che Orsetto non resterà per lungo tempo con le sembianze d’orso, che ritornerà presto alle sembianze principesche: che, se la fata accettasse, anche lei sarebbe disponibile di fare il cambio.
Agnella e Malvarosa andarono tranquille a dormire.


II. La nascita e l’infanzia di Orsetto

Tre mesi dopo la comparsa del rospo e del sinistro malaugurio della fata Rabbiosa , Agnella diede alla luce un maschietto. Gli diede il nome Orsetto seguendo gli ordini della fata Giocosa. Né lei , né Malvarosa potevano dire se il bimbo è bello o brutto in quanto tutto il suo copro era coperto da una folta pelliccia bruna e gli si vedevano solo gli occhi e la bocca, anche quelli si vedevano solo quando li apriva. Se Agnella non fosse stata la sua madre, e se Malvarosa non avesse amato Agnella come una sorella, povero Orsetto sarebbe morto di fame perché era cosi inquietante che nessuna persona l’avrebbe mai toccato; l’avrebbero preso per un piccolo orso e l’avrebbero cacciato via con la forca. Ma Agnella era la sua madre e il primo gesto che fece fu di abbracciarlo tra le lacrime.
“Povero Orsetto! Chi mai potrà amarti cosi tanto da liberarti da questa orribile pelliccia. Uffa! Perché non posso fare io il cambio che la fata buona aveva permesso a chi t’amerà? Nessuno riuscirà ad amarti come me!”
Orsetto non rispose, perché dormiva.
Malvarosa pianse pure lei tanto per tenere compagnia ad Agnella ma non aveva l’abitudine di affliggersi lungamente quindi si asciugò le lacrime e disse:
“Cara mia regina, sono talmente convinta che il vostro figlio non terrà per lungo tempo questa brutta pelliccia d’orso che io lo chiamerò già da oggi il principe Meraviglioso.”
“Fermati figlia mia” replicò decisa la regina “Alle fate piace essere obbedite”
Malvarosa prese il bimbo, lo avvolse nelle fasce che avevano preparato, e si abbasso per baciarlo ma si punse le labbra con i peli irsuti di Orsetto.
“Non ti bacerò troppo spesso figlio mio” sussurrò a bassa voce “Pungi come un riccio”
Il bimbo fu affidato a Malvarosa . Di orso aveva solo la pelliccia: oltre ciò era il bambino più dolce, saggio, affettuoso che avevano mai conosciuto. Quindi anche Malvarosa lo amava teneramente.
In misura in cui Orsetto cresceva gli permettevano di allontanarsi dalla fattoria; non correva alcun pericolo perché nel paese lo conoscevano: i bambini scappavano via da lui, le donne ne avevano schifo, gli uomini lo evitavano, lo consideravano un essere maledetto. Qualche volta quando Agnella andava al mercato, lo metteva in groppa all’asinello e lo portava con se. In quei giorni faceva più fatica a vendere la frutta e i formaggi; le madri scappavano via per paura che l’orsetto non le avvicini. Agnella piangeva spesso, chiamando invano la fata Giocosa; la speranza rinasceva nel suo cuore ogni volta che vedeva un usignolo volteggiarle vicino, ma quel’ usignolo era solamente un’ usignolo (da mangiare) e non una fata.



III.               Violetta
Orsetto aveva compiuto otto anni, egli era altro, grande e forte, aveva dei begli occhi, una voce dolce, la su pelliccia non pungeva più quando era baciato, come aveva punto Malvarosa appena nato, oramai era come toccare  un velluto . Amava con tenerezza la mamma e  Malvarosa. Si rendeva conto che è sgradevole, vedeva che nessuno si avvicina a lui come di altri bambini. Non di rado era troste e solitario.

Un bel giorno Orsetto si faceva una passeggiata nel bel bosco vicino alla masseria. Aveva già camminato tanto, era stordito dal caldo del suole cocente e cercò un posto ombroso e fresco per riposare quando osservò a una decina di passi di lui qualcosa di bianco. Si avvicinò delicatamente/con prudenza e vide che era una piccola bimba che dormiva. Sembrava di non avere più di tre anni, era bella come un angelo. I suoi boccoli biondi coprivano in parte il suo collo fine bianco. Sulle sue guance rose e rotonde si vedevano due fossette  giacché sorrideva dolcemente in sonno con le labbra leggermente schiuse che lasciavano vedere dentini come le perline. La sua dolce testolina poggiava su un bracino e una manina altrettanto teneri. L'intera immagine era talmente incantevole che Orsetto restò con la bocca aperta/ immobile per l'ammirazione/ non riuscì a smettere di ammirarla/guardarla. La guardava e si chiedeva come mai quella bimba dorme cosi tranquilla nella foresta come se fosse accasa nel suo proprio lettino.  Il vestito di lei era cosi bello e raffinato come Orsetto non aveva mai visto in vita sua. Era un vestitino tutta di seta bianca ricamata con filo d'oro. Le scarpette ..? le calzine erano ugualmente fatte di un velo di seta finissimo. Portava poi dei braccialetti d'oro finissimi che si chiudevano con un medaglino in forma di cuore, che sembrava velare un ritratto. Al collo portava un collier di perle. Un usignolo si mise a cantare sopra la sua testa e la sveglio. La bimba aprì gli occhi, si guardò intorno, chiamò la sua tata poi capendo che si trova sola nella foresta si mise a piangere.
Orsetto si sentì molto imbarazzato dalle sue lacrime.
"Se mi vede, povera bimba potrebbe pensare che sono un'animale selvatico, potrebbe scappare via e smarrirsi. Ma se la lascio qua morirà di inedia e di paura. Mentre meditava lui cosi la bimba lo vide, lanciò un grido di paura volle scappare via ma inciampò e cadde inorridita.
"Non scappare di me piccolina, disse Orsetto con la sua voce calda, triste e carezzevole. Io non ti farò nulla di male, proprio al contrario, potrei aiutarti a ritrovare i tuoi genitori. La bimba lo guardava con degli occhi grandi e spaventati, impietrita di paura.
"Raccontami cara cosa ti è successo. Non aver paura di me. Non sono io un mostro/orso, sono solo un ragazzo sfortunato da chi scappano via tutti"
La paura dagli occhi della bimba sembrava affievolirsi, era più tranquilla ma era ancora indecisa se fidarsi o non.
Orsetto fece un passo verso di lei, allora purtroppo la paura di lei prese il sopravento, lanciò un grido acuto e cercava di scappare via.
Orsetto si fermò e si mise a piangere pure lui.
"Ma quanto sono io disgraziato!" esclamò "non riesco nemmeno di venire in soccorso di questo povero bimbo smarrito abbandonato. Il mio aspetto la riempie di terrore, e preferisce piuttosto l'abbandono  che la mia presenza!"disse e si gettò a terra piangendo con i singhiozzi.
Ben presto senti come una piccola manina cerca la sua mano. Alzò lo sguardo e vide il bambino dinanzi a se con gli occhi pieni di lacrime. Lei carezzò le guance vellutate del povero Orsetto.
"Orsetto non piangere, non piangere più! Violetta non ha più paura. Violetta vuol bene a povero Orsetto. Orsetto prende la mano di Violetta. Se povero Orsetto piange Violetta bacia povero Orsetto.
Le lacrime di disperazione di Orsetto si trasformarono in lacrime di gioia e tenerezza. Violetta quando lo vide lacrimare ancora, si avvicinò le dolci labbra alle guance vellutate di Orsetto e lo baciò e tra i baci disse:
"Vedi Orsetto, Violetta non  ha paura; Violetta bacia Orsetto. Orsetto non mangia Violetta. Violetta viene con Orsetto"
Orsetto avrebbe voluto stringere fra le braccia quella tenera e dolce creatura (bambina) che confisse la sua propria paura per venirgli incontro e voleva dargli tanti baci ma temeva che potrebbe spaventarlo. "Potrebbe pensare che voglio divorarla!" Si accontentò quindi di stringergli la mano e baciarla delicatamente. Violetta lo lasciò fare sorridendo.
"Il piccolo orso è felice/contento? Il piccolo orso vuol bene a Violetta? Povera Violetta! Perduta!"
Orsetto aveva capito che la bimba si chiama Violetta, ma non capiva bene come mai una bimba vestita cosi bene si trovi sola soletta nella foresta.
"Dov'è la tua casa/dove abiti cara Violetta?"
"Là-giù, là-giù, da mamma e da papà"
"Come si chiama il tuo papà?"
"Papà si chiama re e mamma si chiama regina"
Orsetto sempre più sgomento chiese:
"Come mai ti trovi sola soletta nella foresta?"
"Violetta non lo sa! Violetta è salita su l cane grosso. Cane grosso corri per lungo tempo veloce, Violetta stanca, caduta, addormentata.
"E il cane ora dov'è?"
Violetta si girò in tutte le direzioni chiamando "Ami! Ami!" ma alcun cane gli rispose.
"Il cane è andato. Violetta sola soletta"
Orsetto prese la mano di Violetta. Ella gli sorrise.
"Vuoi cara Violetta ch'io vada a cercare la tua mamma?"
"Violetta non restare sola nella foresta. Violetta andare col piccolo orso"
"Allora vieni con me cara piccolina, ti porterò alla mia mamma nella nostra casa"
Violetta e Orsetto partirono per la fattoria. Sulla strada Orsetto coglieva fragoline di bosco e ciliegie per Violetta, che lei invece voleva condividerle con Orsetto. Gli portava con le sue manine le fragoline e le ciliegie in bocca (di lui) dicendo: "Mangia, mangia piccolo  orso. Violetta non mangia se Orsetto non mangia. Violetta non vuole che Orsetto sia triste, non  far piangere Orsetto." E Lo misurava con attenzione per vedere se era triste o felice.
Era proprio contento Orsetto ora che la sua piccola compagna non solo che non aveva paura di lui ma cercava anche di piacergli. Nei suoi occhi scintillava la vera felicità. La sua voce, sempre cosi carezzevole prese una nota ancora di tenerezza in più. Dopo un mezz'ora di cammino chiese:
"Quindi Violetta non ha più paura di Orsetto?" A mo' di risposta Violetta si buttò fra le sue braccia e lui la abbracciò teneramente "Cara Violetta, ti amerò per sempre. Non dimenticherò mai che sei stato l'unico bambino che non hai esitato  di parlarmi, di toccarmi, di abbracciarmi.
Poco dopo giunsero alla masseria. Agnella e Malvarosa stavano sedute alla porta e discutevano. Furono talmente sorprese alla vista di Orsetto che portava per la mano una bella bimba vestita in maniera principesca che nessuna di loro riuscì a proferire parola.
"Cara mammina" disse Orsetto "Guarda, ho trovato questa bimba dolce e affascinante addormentata  nella foresta. Ella si chiama Violetta. Vi rassicuro che è talmente gentile/dolce/buona che non ha avuto paura di me, anzi mi ha perfino baciato quando mi ha visto piangere" "Ma perché mai piangevi caro mio figlio?" chiese Agnella
"Perché la piccola bimba aveva paura di me" rispose Orsetto con voce triste e tremante/soffocata
"Ma ora" disse la piccina "Violetta non ha più paura, Violetta prende la mano di Orsetto e gli da fragoline da mangiare.
"Non capisco niente" disse Malvarosa "Orsetto spiegami chi è questa bambina che la porti qua? Perché mai è sola?"
"Non so nemmeno io più di voi" rispose Orsetto "Ho visto questa povera piccina tutta sola dormendo nella foresta. Si è svegliata, ha pianto, mi ha visto, si è spaventata. Gli ho parlato, volevo avvicinarmi, allora urlava più forte, mi dispiacque tanto di non poter nemmeno aiutarla, cosi ho pianto per dolore"
"Non dirlo Orsetto, non dirlo" disse Violetta premendo la sua manina sulla bocca di Orsetto. "Non ti farò piangere mai e poi mai più" e mentre parlava la sua voce divenne tremante e gli occhi gli si riempirono di lacrime.
"Cara bimba" disse Agnella abbracciandola "Tu vorrai bene al mio Orsetto che è cosi sfortunato?"
"Oh, si, Violetta amare tanto Orsetto, Violetta per sempre con Orsetto.
Agnella e Malvarosa fecero un sacco di domande alla piccina. Chiesero dei suoi genitori, del suo villaggio ma non riuscirono a sapere più di quanto Orsetto sapeva già. Il padre della bimba si chiamava re, la madre regina e lei non sapeva spiegare bene come che si trovava da sola nella foresta.
Agnella prese senza pensarci troppo sotto la sua protezione questa povera bimba smarrita; le voleva bene già per il semplice fatto che la piccola sembrava era cosi affezionata a Orsetto e per la felicità che provava Orsetto ora che era ben voluto anche da un'altra persona che non fosse la sua madre o Malvarosa.
Era l'ora della cena e Malvarosa apparecchiava la tavola. Violetta chiese di potersi sedere alla tavola vicino ad Orsetto, era gioviale, chiacchierava e rideva. Orsetto non è stato mai cosi felice. Agnella era contenta. Malvarosa saltava di gioia vedendo che il suo caro Orsetto ha una compagna di gioco. Nella sua gioia per errore fecce cadere un barattolo di panna. Ma venne un gatto che aspettava il suo poasto venne e lecco la panna fino alla ultima goccia.
Dopo la cena Violetta s'addormento sulla sua sedia.
"Non abbiamo un lettino per lei" disse Agnella "Dove possiamo metterla a dormire?"
"Cara mamina, mettetela per favore nel mio letto" disse Orsetto "Io dormirò cosi bene anche nella stalla"
Agnella e Malvarosa non vollero sentir nemmeno, ma Orsetto insistete cosi tanto di poter fare questo piccolo sacrificio che alla fine gli concessero. Quindi Malvarosa portò la piccola Violetta nel letto di Orsetto vicino al letto di Agnella, la svestì curando di non svegliarla e la mise a dormire. Orsetto si coricò nella stalla sul fieno, e crollo in un dolce e contento sonno.
Quando Malvarosa tornò nella sala trovò Agnella preoccupata e pensierosa.
"Che pensieri vi appesantiscono cara mia regina?" chiese Malvarosa "I vostri occhi sono mesti, le vostre labbra non sorridono più! E io che sono venuta a farvi vedere il braccialetto della piccina. C'è un medaglione che dovrebbe aprirsi ma io non ci riesco. Magari troviamo dentro una foto o un nome"
"Dami cara qua sto bel braccialetto.  Forse mi aiuterà a trovare qualche somiglianza visto che i miei ricordi sono vaghi/confusi, invano mi sforzo a vederceli più distintamente"
Agnella prese il medaglione, la girò da tutte le parti ma non fu più brava di Malvarosa, non riuscì ad aprirla. Rinunciò e ridiede il braccialetto a Malvarosa. In quell'istante nel bel mezzo della stanza apparve una donna che splendeva come un sole. Il suo viso era di un bianco candido, i suoi capelli sembravano fili d'oro., una corona di stelle scintillanti cingevano la sua fronte; era di statura media, la sua intera persona sembrava trasparente(diafana) era talmente leggera(lieve) e luminosa, la sua trena svolazzante era coperta di stelle simili a quelle che portava sulla corona. Il suo sguardo era dolce, sorrideva con malizia ma con bontà.
"Signora" si volse verso la regina "Io sono la fata Giocosa, la protettrice del suo figlio e della piccola principessa che egli ha trovato sta mattina nella foresta. La bambina è tuo nipotina, figlia del tuo cognato Indolente e di Nonchalance (Menefrega). Dopo la tua fuga il Re Feroce è riuscito a ucciderli. Loro non pensavano a difendersi da lui in quanto passavano la giornata dormendo, mangiando e ristorandosi. Purtroppo non sono riuscita ad impedire il crimine giacché ero presente alla nascita di un principe i cui genitori che si trovano sotto la mia protezione. Per fortuna sono arrivata ancora in tempo per salvare la piccola principessa Violetta, unica figlia del Principe Pigrone e Principessa Menefrega., e il loro unico erede. Lei stava giocando nel giardino. Il re Feroce la cercava per ammazzarla. Io ho fatta salire in groppa del mio cane Ami, a chi avevo ordinato di portarla e lasciarla nella foresta dove il tuo figlio l'aveva trovata. Tacete/nascondete davanti a loro, tutti i due le loro origini, non fate vedere a Violetta i braccialetti dove sono rinchiusi i porteti dei loro genitori, né il suo vestito principesco che ho cambiato  in un vestito più adatto alla vita che vivrà. Ecco qui una cassa di pietre preziose. Questa è la felicità/la dote? di Violetta ma dovete nasconderla a tutti i due e non aprirlo solo dopo che è stata perduta e poi ritrovata.
"Eseguirò alla lettera i suoi ordini Signora" disse Agnella, " ma permettetemi di chiedervi se il mio Orsetto deve ancora per lungo tempo tenere le sembianze di un orso?"
"Pazienza! Proteggo Lei, lui, Violetta, voi tutti. Ti permetto ora di dire a Orsetto di dirgli dalla possibilità di cambiare pelle con una persona che lo amerà abbastanza per accettare questo sacrificio. Ricordatevi che nessuno deve capire le origini reali di Orsetto e di Violetta. Malvarosa è l'unica che grazie alla sua magnanimità ha meritato di conoscere questo segreto.  Potete sempre avere fiducia in lei. Adio/a presto Regina. Fidati della mia protezione. Ecco qua un anello, fin quanto lo tieni sul tuo mignolo. Fin quanto lo porterai non ti mancherà nulla. La fata fece un segno di saluto, mutò in usignolo e spiccò in volo cinguettando felicemente.
Agnella e Malvarosa si scambiarono uno sguardo. Agnella sospirò, Malvarosa sorrise.
"Nascondiamo questa cassa cara mia regina, e anche i vestiti della principessa. Vado a vedere che vestiti ha preparato la fata per Violetta per l'indomani. "  disse e si affrettò ad aprire l'armadio. L'armadio era davvero pieno di vari vestiti di lino e di calzature comodissime. Malvarosa guardò tutto, passò in rassegna tutto ed approvò tutto. Poi aiutò Agnella a preparare il letto /a svestirsi(?) e si coricarono.



L'incubo (il sogno)
All'indomani fu Orsetto che si svegliò per primo, giacché la mucca muggiva accanto a lui. Egli si stropiccio gli occhi, si guardo intorno chiedendosi perché mai ha dormito nella stalla. Quando si ricordò degli eventi della sera precedente saltò giù dal suo mucchio di fieno e corse verso la fontana per lavarsi.








 

lunedì 21 settembre 2015

PICCOLO RE NICOLO' -fiaba popolare ungherese-





C’era una volta un re.
Egli aveva tre figlie.
Ogni giorno andavano a fare una passeggiata nel bosco.

Un giorno mentre passeggiavano venne una nuvola nera e disse:
“O, re! Dammi la tua figlia più grande, altrimenti io porto via il sole.”
Il re non gliela diede e la nuvola portò via il sole.

Il secondo giorno, mentre facevano la loro passeggiata, venne una nuvola nera e disse:
“Re! Dammi la tua seconda figlia! Se non mi obbedirai, io porterò via la luna.”
Il re non gliela diede. La nuvola portò via la luna. 

Rimasero solo le stelle sulla volta celeste.

Il terzo giorno il re andò a passeggiare con le sue figlie.
“Re! Dammi la tua figlia più piccola. Se non obbedirai,  porterò via le stelle.”

Il re non gliela diede. La nuvola portò via le stelle.
Calò il buio sull'intero regno.

Un giorno le guardie sentono Piccolo Re Nicolò  dire al suo fratellino:
“Io riporterei il sole, la luna e le stelle, se il re mi desse la metà del reame per regnare e la sua figlia più piccola come sposa.”
Le guardie lo portarono dal re. Il re disse:
“Se non fai ciò che hai promesso, ti taglierò la testa!”.
Piccolo re Nicolò non si spaventò.
“Mi dia sua Altezza una spada e io partirò immediatamente.”


Partì. Egli attraversò sette regni e sette mari finché arrivò alla foresta d’argento. 
Là c’era un ponte d’argento. Egli colpì il ponte con la spada e cadde un pezzo. Si nascose sotto il ponte con la spada sguainata.

Arrivò il drago con tre teste, volle passare il ponte. Il suo cavallo inciampò:
“Maledetto! Da tre anni facciamo questa strada e non sei mai inciampato, che cosa ti è successo?”.
Il cavallo rispose:
“Sconfiggere acqua e fuoco dobbiamo, oggi periamo!”.
Il drago disse:
“Esci fuori Piccolo re Nicolò, perché già quando tu eri grande quanto un chicco di grano, sapevo che  avremmo dovuto misurarci!”.
“ Con che armi ci misuriamo?”.
“Con le spade, come veri cavalieri!”.
Incrociarono le spade. Lottarono e si colpirono a lungo fino quando Piccolo re Nicolò tagliò due teste del drago. Il drago disse:
“Lasciami almeno questa testa, ti dono le stelle!”.
“Dove sono?”.
“Sotto la sella del destriero!”.
Piccolo re Nicolò prese le stelle. Tagliò l’ultima testa del drago e proseguì la sua strada.
Camminò a lungo finché giunse alla foresta d’oro. Là sopra il ruscello c’era un ponte d’oro. Egli colpì il ponte con la spada e si staccarono due traverse. Si nascose sotto il ponte con la spada sguainata.
Arrivò il drago con sette teste. Le sue gole sputavano fuoco. Volle attraversare il ponte. Il suo cavallo inciampò:
“Maledetto! Da sette anni facciamo questa strada e non sei mai inciampato, che cosa ti è successo?”.
Il cavallo rispose:
“ E' arrivata la nostra ora, padrone, per tutti due!”.
Il drago disse:
“Vieni Piccolo re Nicolò perché già quando tu eri grande  quanto un chicco di grano, sapevo che  avremmo dovuto misurarci!”.
“ Con che armi ci misuriamo?”, chiese Piccolo Re Nicolò.
“Con le spade, come i veri cavalieri!”.
Incrociarono le spade. Lottarono e si colpirono a lungo fino a quando Piccolo re Nicolò riuscì a tagliare sei teste del drago. Il drago disse:
“Lasciami almeno questa testa, ti dono la luna!”.
“Dov’è?”.
“Sotto la sella del destriero!”.
Piccolo re Nicolò prese le stelle. Tagliò l’ultima testa del drago e proseguì la sua strada.
Camminò a lungo finché arrivò alla foresta di diamante. Sopra il ruscello passava un ponte di diamante. Egli colpì il ponte con la spada e caddero tre pezzi. Si nascose sotto il ponte con la spada sguainata.
Arrivò il drago con dodici teste. Le sue gole sputavano fuoco. Volle passare il ponte. Il suo cavallo inciampò:
“Maledetto! Da dodici anni facciamo questa strada e non sei mai inciampato, che cosa ti è successo?”.
Il cavallo rispose:
“è venuta la nostra ora, padrone!”.
Il drago disse:
“Esci fuori Piccolo re Nicolò perché già quando tu eri grande quanto un chicco di grano, sapevo che  avremmo dovuto misurarci!”.
“ Con che armi ci misuriamo?”, chiese Piccolo re Nicolò.
“Con le spade, come i veri cavalieri!”.
Incrociarono le spade. Lottarono e si colpirono a lungo fino a quando Piccolo re Nicolò tagliò undici teste del drago. Il drago disse:
“Lasciami almeno questa testa, ti dono il sole!”.
“Dov’è?”.
“Sotto la sella del destriero!”.
Questo cavallo aveva solo tre zampe, ma correva più veloce degli altri cavalli con quattro zampe.
Piccolo re Nicolò mise le stelle e la luna accanto al sole. Salì sul destriero. Con la spada tagliò l’ultima testa del drago e partì verso casa.
Mentre riposava sotto un albero sentì una voce che gli chiese:
“Piccolo re Nicolò, pensi forse che il sole, la luna e le stelle siano tue?”.
Egli vide sull’albero un nanetto con la barba lunga. Volle salire sull’albero per prenderlo, ma il nano era più furbo: con un balzo fu sul cavallo e se ne andò.
Piccolo re Nicolò camminò a lungo sulle sue tracce. Incontrò un uomo che piangeva.
“Perché piangi?”, chiese.
“Perché ho la vista lunga e vedo tutto d’un colpo d’occhio, così non ho più niente da vedere”.
“Orsù, vieni con me!”.
Camminarono a lungo. Incontrarono un altro uomo. Piangeva pure lui.
“Perché piangi?”, chiesero.
“Perché con un solo passo riesco ad attraversare il mondo, così non ho più dove andare”.
“Orsù, vieni con me!”.
Camminarono a lungo finché arrivarono alla casetta del nano. Lo cercarono. Ma Dentro c’era solo un lettino, un tavolino e un armadietto, ma il nano non lo trovarono.
“Guarda un po’...”, disse Piccolo re Nicolò a Lunga Vista, “Non vedi da qualche parte quel nano?”.
“E come no, sta su un albero  in un’isola mezzo al mare.”
“Passo Lungo fai un passo ti prego e portalo da me.”
Lo portarono da Piccolo re Nicolò che gli tolse il sole, la luna e le stelle. Mise subito in cielo le stelle perché illuminassero la notte, poi partì accompagnato dai tre uomini verso casa. Più tardi mise  in cielo anche la luna. Quando ormai mancava poco alla meta, mise in cielo il sole affinchè potesse arrivare il giorno.
Al castello li aspettavano con grandi onori. Fecero  magnifici festeggiamenti. I tre giovani sposarono le tre principesse e tutti  vissero felici e contenti.