giovedì 5 febbraio 2015

Furnica di Monti Bucegi (scritto dalla regina Elisabetta)



FURNICA
C’era una volta una bellissima fanciulla chiamata Viorica. Lei aveva capelli come d’oro, gli occhi due pezzetti del cielo, le guance rosse come garofani , le labbra come delle ciliegie, e il suo corpo era flessuoso come il giunco. Tutti ammiravano la fanciulla ma non solo per la sua bellezza ma anche per la sua solerzia fuori dal comune.
Quando andava alla fontana per prendere l’acqua con la brocca sul capo teneva anche la rocca alla cintola e filava. Sapeva anche tessere e nel ricamare aveva delle vere mani da fata. Le camicie fatte da lei decorate con filo nero e rosso, con larghe alette alle spalle erano le più raffinate in tutta la contrada.
Aveva la veste adorna con fiori e cosi anche le sue calze di domenica
Sembrava che le sue piccole operose mani non si fermassero un attimo. Nei campi e nei prati si impegnava altrettanto come nei lavori in casa, e tutti i giovanotti sognavano la bella Viorica, di quanto sarebbe un giorno diventata una bravissima moglie. Lei invece non guardava a nessuno di loro. Non pensava al matrimonio né ai corteggiatori, diceva di avere già tanti impegni e che doveva accudire la sua madre.
La madre corrugava la fronte, e pensava che in realtà un bravo genero sarebbe stato un aiuto in più. Allora la figliola si offendeva, chiedendo se lei ormai non vale nulla giacché la madre voleva in casa un uomo. “Gli uomini ci creerebbero più problemi” disse lei ”Dovremmo filare, tessere ricamare anche per loro e non potremmo finire i lavori sui campi”
La madre sospirò e pensò al suo figlio morto. Gli aveva ricamate tante belle camicie che lavate erano di un bianco cosi splendente tutte le ragazze sgranavano gli occhi su di lui. Mai aveva sentito quel impegno come un peso, anzi come una gioia, Quante cose non fa una madre senza sentire nemmeno fatica!
Arrivò invece il momento quando Viorica doveva rendersi conto che la madre aveva avuto ragione a desiderare un genero accanto, forse presentiva che non gli resta molto tempo a vivere sulla terra. Cadde malata, e tutto l’amore della sua figlia non bastò per trattenerla sulla terra più a lungo.
La bella fanciulla chiuse i suoi bellissimi occhi, era tutta sola nella piccola casetta. Era la prima volta che le sue manine riposavano nel suo grembo senza lavorare. Per chi avrebbe lavorato ora; non aveva più nessuno.
Un giorno, mentre stava seduta davanti alla soglia della casa e guardava con malinconia davanti a se vide una lunga fila nera serpeggiando sulla terra ed avvicinarsi a lei, e vide che erano formiche in una fila infinità. Non si riusciva a scorgere fin da dove venivano, tanto era lunga schiera viaggiante. Si fermarono disponendosi in cerchio attorno a Viorica. Alcune di loro fecero un passo avanti e dissero. “Noi ti conosciamo bene Viorica e spesso abbiamo ammirato la tua solerzia, cosi vicina alla nostra, e raramente riscontrabile tra gli umani. Sappiamo inoltre che sei rimasta sola nel mondo, quindi ti preghiamo di venire con noi, sii la nostra regina. Alzeremo per te un castello che sarà più grande e più bello di qualsiasi casa che giammai vedesti. Ci devi solo promettere una cosa: che non vorrai più a tornare tra gli uomini, ma resterai con noi fino alla fine dei tuoi giorni.
“Starei volentieri con voi, disse Viorica, giacché qui nulla mi trattiene fuorché la tomba della mia madre, che devo visitare per portarci fiori, vino e focaccia, e per pregare per la sua anima.”
“Potrai andare a visitare la tomba della tua madre ma per la strada non potrai mai parlare con nessuno, altrimenti ci sarai infedele, e tremenda sarà allora la nostra vendetta.”
Così Viorica andò con le formiche; fecero una lunga strada fin quando trovarono il posto dove alzare il suo castello. Allora ella vide quanto più le formiche sono più laboriose di lei, che, sicuramente non avrebbe potuto ergere un simile castello in cosi breve tempo. Vi erano delle gallerie, una sull’altra, conducenti in ampie sale profonde, le più profonde per i neonati, le ninfee, le meno profonde per quando c’è il sole e un’altra dove rifugiarsi quando minaccia la pioggia. Le camere erano tappezzate con petali di fiori, attaccati alle pareti con degli aghetti di pino, e Viorica apprese a filare tele di ragno, delle quali faceva poi tende e tappeti.
La costruzione continuava ad innalzarsi. Le stanze destinate a Viorica erano cosi meravigliose come non avrebbe visto nemmeno in sogno. Molti corridoi portavano ad essa, cosi lei poteva avere in fretta i suoi sudditi da sé. I corridoi era tappezzati di foglie di papavero affinché i piedi della regina non premessero che tappeti di porpora. Le porte erano di foglie rosa, attaccate alla ragnatela, cosi si aprivano e si chiudevano senza rumore. Il pavimento della camera di lei era fatto di stelle di neve, un fitto e morbido tappeto sul quale affondavano i rosei piedini di Viorica. Ella cosi non aveva bisogno di calzature, che certo sarebbero state troppo dure, e avrebbero ammaccato il tappeto di fiori.

Le pareti erano artisticamente intessute di garofani, di mughetti, di fiori di non-mi -scordar. Questi fiori erano continuamente rinnovati cosi che erano sempre freschi e avevano un profumo inebriante. Il soffitto della camera era di foglie di giglio, a forma di padiglione; il letto fu fatto da tante piccole formiche tanto industriose che lavorarono per settimane per realizzarlo, era composto dal più puro polline di fiori, la più morbida che hanno potuto trovare, e sopra vi era distesa una delle più fine coperte che Viorica aveva mai tessuto. Quando si metteva a riposarvi era talmente bella che le stelle sarebbero scese dai cieli se l’avessero potuto vedere. Ma le formiche avevano costruito quella camera bene nascosta nel profondità, e vegliavano con cura gelosa sull’amata regina che peraltro nemmeno loro osavano guardala durante il sonno.
Era difficile immaginare la vita del formicaio più armoniosa di quanto lo era. Ognuno in parte e tutti assieme si impegnavano a soddisfare i desideri della loro cara regina. Ogni suo ordine veniva eseguito con la velocità del vento, in quanto lei mai ordinava troppe cose alla volta e mai cose irragionevoli, e sempre con voce dolce, come se desse un consiglio amichevole o esprimesse una opinione. Il bagliore della soddisfazione nei suoi occhi era già una ricompensa.
Le formiche dicevano di avere la luce le sole dentro la loro casa, e ringraziavano la sorte per la loro fortuna. Avevano costruita per Viorica una terrazza speciale, sulla quale ella poteva prendere aria e godere del sole quando si era annoiata di stare dentro. Di là poteva osservare la costruzione che sembrava alta come una montagna.
Un giorno stava nella sua camera a ricamare un vestitino con ali di farfalla con fili di bacco di seta, che gli avevano portate le formiche. Solamente le sue dita delicate potevano fare un simile lavoro. Allora si senti un rumore delle voci dalla montagna e in un battibaleno il piccolo regno fu in scombussolio; tutte corsero allarmate alla regina. “Uomini malvagi scavano e distruggono la nostra casa! Due o tre gallerie sono già sfondate, e un’altra è minacciata! Cosa dobbiamo fare?”
“Non fate nulla, disse tranquillamente Viorica, gradirei che vi calmaste e in uno due giorni ricostruiremo le gallerie distrutte”
Si slanciò frettolosamente fuori dalla galleria sulla terrazza sulla piazza davanti al castello. Là vide un bellissimo giovane, che stava scendendo dal suo cavallo, e voleva, insieme ai compagni scavare nel formicaio con lance e spade. Invece quando lei comparve tutti si fermarono. Il bel giovane si mise la mano davanti agli occhi accecato da tutto lo splendore, e osservò la splendida apparizione dalla veste luminosa. I capelli d’oro di Viorica scendevano ondeggianti fino alla punta dei piedi, un tenero rossore coloriva le sue guance, e i suoi occhi scintillavano come le stelle. Lei abbassò un’ attimo gli occhi sotto gli sguardi del giovanotto ma poi lo guardo negli occhi, apri la bocca rosa e con voce tintinnante disse: “Chi siete voi che portate distruzione nel mio regno?”
“Perdonami incantevole pulzella!” disse il giovinotto: in fede di cavaliere e di figlio di re, voglio essere d’ora in poi il vostro più ardente difensore. Come potevo pensare che una dea, una fata governasse questo regno?”
“Le sono grata, rispose Viorica, ma non ho bisogno di altri servigi che quelli dei miei sudditi fedeli, e desidero che nessun piede umano calpesti il mio regno”
Con queste parole scomparve come se la montagna l’avesse inghiottita, e nessuno non vide come schiere dei formiche le baciavano i piedi, e la conducevano trionfanti nella sua stanza dove ella riprese tranquillamente a ricamare come se nulla fosse accaduto. Il principe restò trasognato davanti alla montagna e per ore non riuscì a decidersi a rimontare il suo cavallo. Egli sperava ancora che l’incantevole regina fosse per ricomparire fosse anche per lanciarli sguardi e parole di biasimo; cosi potrebbe vederla di nuovo. Egli non vide invece come infinite schiere di formiche si adoperano a ricostruire tempestivamente ciò che lui, nel suo giovanile impeto aveva distrutto.
Le avrebbe calpestato preso di rabbia a impazienza in quanto non manifestavano alcun interesse per i suoi sentimenti, erano piene di boria e non volevano ascoltare le sue domande e correvano davanti ai suoi piedi. Alla fine, col cuore appesantito rimontò il suo destriero, continuando a tormentarsi col pensiero di come potrebbe conquistare la più bella fanciulla che aveva mai visto in vita sua, girando su e giù nella foresta senza una metà, fino a tarda notte con grande malcontento dei suoi compagni che mandavano al inferno la montagna delle formiche e la giovane vergine, e sognavano la cena e ai calici di vino che li attendevano da tanto tempo.
Viorica andò a coricarsi più tardi dei suoi sudditi, lei aveva l’abitudine di andare a vedere le ninfee, per controllare se i loro lettini sono abbastanza morbidi, alzava ogni tendina di fiori con una lucciola sulla punta del dita, e di passare in rivista con attenzione i neonati. Poi tornava nella sua stanza e congedava le lucciole che l’avevano rischiarata durante il giorno. Si teneva vicino solo una piccola mosca luccicante che gli faceva luce fino quando si preparava a dormire. Da solito appena poggiava la testa sul cuscino sprofondava in sonno, invece oggi si agitava senza sosta di qua e di là, avvolgeva i capelli attorno alla dita, si sedeva nel letto, poi si coricava di nuovo, e poi sentiva che fa caldo, tanto caldo. Lei non si è ancora reso conto che nel suo regno l’aria era abbastanza poca, gli sarebbe piaciuta uscir fuori, ma non voleva che qualcuno la sentisse, inoltre avrebbe dato cattivo esempio alle formiche. Costretta dalle altre aveva appena emendato una legge che bandiva dalla comunità alcune formiche e condannava alla morte altre per passeggiate vietate, e pensava col cuore addolorato che ha dovuto mandarle senza pietà alla morte.
Per meraviglia delle altre la mattina dopo si alzò per prima e si mise di ricostruire da sola una delle gallerie distrutte. Probabilmente non si accorse nemmeno che durante il lavoro, aveva gettato uno sguardo verso la foresta e aveva anche un po’ tese le orecchie. Appena rientrò nella sua stanzetta alcune formiche vi accorsero con grande angoscia.
“L’uomo malvagio di ieri è di nuovo qua e cavalca attorno alla nostra montagna”
“Non preoccupatevi!, disse Viorica in calma perfetta, non ci faranno nulla del male!”
Ma il cuore della regina, della bella pulzella batté cosi forte che doveva riprendere profondamente il fiato.
Era in preda di una grande irrequietezza, camminava su e giù molto più di prima, trovava sempre che le ninfee non erano abbastanza al sole, le portava lei stessa fuori, per poi ripensarci subito e riportarle dentro, e si contradiceva frequentemente nei suoi ordini. Le formiche non capivano questo cambiamento e si sforzavano di fare tutto doppiamente meglio e doppiamente bene , le fecero una volta anche un regalo, una nuova volta, che lei però guardò senza troppo interesse e lodò pochissimo. Spesso, a qualsiasi ora del giorno attorno alla montagna si sentiva calpestio dei piedi di cavallo, ma per molti giorni Viorica non si fece vedere.
Sentiva la nostalgia di rivedere creature umane, come non aveva mai sentito fino allora. Si ricordò del suo villaggio , della hora, della sua casetta, della sua madre e della tomba di lei che non aveva mai visitato.
Dopo qualche giorno annunciò i suoi sudditi che vuole andare a visitare la tomba della sua madre; le formiche spaventate la chiesero se non le piace più con loro e per questo ha nostalgia della sua casa?
“oh no! Disse Viorica, io mancherò solo per qualche oretta e sarò di con voi per la sera!”
Proibì che la accompagnassero ma alcune formiche la seguirono da lontano, senza farsi vedere.
Tutto le sembrava molto cambiato in contrada, doveva esser passato molto tempo da quando è andata via. Cominciò a contare in quanto tempo le formiche avessero costruito la grande montagna dove lei ci viveva dentro e si disse che dovevano esser passati degli anni.
Non riuscì a trovare la tomba della sua madre tanto era invasa dalle erbe, e Viorica errava piangendo nel cortile della chiesa, sentendosi estranea in quel luogo. Calò la sera e lei era ancora nel cimitero a cercare la tomba della sua madre, quando sentì vicino a lei la voce del principe. Ella tentò di scappare ma egli la trattenne parlandogli del suo grande amore, con parole cosi dolci e seducenti, che lei restò là con la testa abbassata per ascoltarlo. Era talmente bello ascoltare nuovamente un uomo che parla, soprattutto un uomo che parlava d’amore e d’amicizia. Solo quando scese completamente la sera lei si ricordo che lei non è una donna smarrita ma una regina fedifraga, perché le formiche le avevano vietato di intrattenersi con degli uomini. Si giro in fretta e scappò via dal principe. Ma colui lo segui con parole gentili fino alla montagna dove ella lo pregò, lo scongiurò di lasciarla. Lui accondiscendi solamente con la condizione di poterla rivedere la sera seguente.
Viorica sgusciò senza rumore a tentoni sugli corridoi del formicaio, guardandosi intorno ansiosamente, perché le pareva di udire dei rapidi calpestii e bisbigli. Ma doveva essere solo il suo battito angoscioso del suo cuore, giacché quando si fermava anche i rumori cessavano. Raggiunse finalmente la sua stanza e crollò stanca sul letto. Il sonno non volle scendere sulle sue palpebre. Si tormentava per aver infranto il suo giuramento, e chi potrà ormai ubbidire a lei se la promessa sua non era sacra. Si agitava inquieta, e malgrado conosceva le formiche, il loro odio feroce e i loro castighi inesorabili, lei si faceva questioni di dignità dal dover fingere. Spesso si alzava sui gomiti e gli sembrava di sentire calpestio rapido di molte migliaia di piedi, come se tutta la montagna fosse diventata vivente.
Appena senti arrivare il mattino sollevò la tendina di rose per uscire all’aperto. Ma grande fu il suo sgomento quando trovò l’uscio ermeticamente chiuso, serrato con degli aghi di pino. Tentò un’altra uscita poi una terza, le provò tutte ma invano, tutte erano ermeticamente chiuse dal basso in alto. Cominciò allora a chiamare ad alta voce; e per le piccole aperture invisibili, le formiche accorsero a schiere
“Voglio andare fuori!” disse lei severamente
“Non possiamo, dissero le formiche, non ti lasciamo libera perché allora ti perdiamo
“Quindi non mi ubbidite più?!”
“O si invece, ubbidiamo a tutti i tuoi ordini fuorché a questo. Calpestaci per punirci e saremmo pronti a morire per il bene della nostra comunità, e per l’onore della nostra regina”
Viorica chinò la testa e pianse torrenti di lacrime, Supplicò le formiche a ridarle la libertà ma le intransigenti bestiole si tacquero. A un tratto l’infelice si trovò sola, chiusa in una camera scura. Quanto pianse , quanto si lamentò la povera Viorica, e come si strappò i bei capelli! Si mise perfino a scavare con le sue dita delicate la terra, ma la via che apriva si colmava subito, finché disperata crollò a terra. Le formiche le portarono i più bei fiori, nettare e gocce di rugiada perché si dissetasse; ma i suoi pianti continuarono ad essere inascoltati. Inoltre, per paura che i suoi lamenti si sentiranno fuori le formiche continuarono ad alzare la montagna sempre più alta, cosi alta come il Varful cu Dor, e chiamarono questa montagna la Formica (Furnica).
Oramai anche figlio del re ha smesso di girare attorno alla montagna ma nelle notti silenziose se ascoltate il pianto di Viorica si sente ancora.


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