Devi sapere figliuolo che quando Iddio creò il mondo e tutto il creato era già plasmato, chiamò a sé i quattro angeli prediletti, essi venivano incaricati a diffondere nel mondo i suoi doni, quelli veri.
Ad uno di loro le porse la bontà, che discenda con essa sulla terra e ne metta una scintilla nel cuore di ogni essere umano.
All’altro diede l’amore, al terzo la pace. Vedi pure tu che i doni che Dio ha affidato ai suoi angeli prediletti erano dei veri grandi tesori. Quindi gli angeli sono scesi sulla terra per recare agli uomini i divini doni.
Essi andarono a trovare gli esseri umani, li cercarono uno per uno, ma gli esseri umani serrarono i loro cuori con enorme catene. I loro cuori erano imprigionati dalle catene dell’odio, dell’invidia, della perfidia, della malvagità. Invano andavano gli angeli quando ad uno quando a un altro uomo, i loro cuori non si aprivano, e fu impossibile per gli angeli di metterci dentro i tesori celesti.
Iddio che vedeva tutto si rattristò tanto. Egli capì ormai che il destino degli uomini non sara felice, che sulla terra ci saranno guerre, sciagure e distruzioni . Dio capì che l’odio sarà di casa nelle abitazioni degli umani, sapeva che la terra gemmerà dei loro lamenti.
Mentre il Buon Dio si amareggiava con tali pensieri comparve dinanzi a lui il quarto angelo e disse:
“Buon Dio! Tu hai dato ai miei fratelli la bontà, l’amore e la pace perché le regalino agli umani, ma purtroppo essi non riusciranno fare nulla fin quando il cuore dell’uomo resta serrato. Ti prego, dammi le foreste, e con esse io riuscirò ad aprire i cuori della gente!”
“Provaci!” disse Dio e sorrise. Questo suo sorriso fu come quando i raggi di sole squarciano le nubi. “Provaci! Io dono a te le foreste”
L’angelo ringrazio con gentilezza perché era un angelo molto ben educato e scese sorvolando subito nelle foreste.
Atterrò in una radura e si guardò intorno. Gli alberi lo circondavano muti e immobili come se fossero privi di vita
“C’è nessuno?” domandò l’angelo.
Non ricevette alcuna risposta
“C’è nessuno?” chiese per questa volta più forte. Da dietro il vecchio faggio tutto coperto di muschio si fece scomparsa l’antico Zio SilenZio.
“Ci sono solo io” rispose egli con voce profonda e rauca, e mentre parlava, dalla sua folta barba coperta di brina cadde per terra qualche lumachina. Zio SilenZio portava un lungo mantello grigio e la sua voce era talmente bassa e rauca perché poverino era raffreddato.
“Non c’è proprio nessun altro?” chiese l’angelo sbalordito.
“Ma sii invece, ci devono essere anche i folletti, le fate, perfino la vecchia strega ci deve essere qui in giro da qualche parte”
“Allora perché mai non si fanno avanti?
Il vecchio SilenZio sospirò in maniera lamentosa.
“No hanno nessuna occupazione per questo sono capricciosi e maldisposti.
L’angelo scosse la testa e batte le mani:
“Folletti! Venite da me!”
Ma nulla si mosse. L’angelo provò di nuovo, ottenne lo stesso risultato.
Disse allora l’arcaico SilenZio:
“Non preoccuparti! La mia figlia Eco gli farà arrivare.” E appena fece un cenno con la testa che dietro a lui sbucò fuori una fanciulla con vestito azzurrognolo, saltò svelta sulla roccia e chiamò con una voce che riempi all’improvviso l’intera foresta.
“Accorrete folletti! L’angelo di Dio vi chiama!”
Solamente allora cominciavano a comparire di qua e di là, uno dietro l’altro gruppi di folletti sonnacchiosi con barbe lunghe.
“Dove siete stati?” le domando l’angelo.
“Proprio stavamo dormicchiano” risposero tutti sbadigliando “non abbiamo nulla da fare quindi dormiamo”
“Quindi non avete nulla da fare? Un momento, vi troverò io cose da fare!”
(…)
Ma grazie a te gli angeli non piangono più. Essi sorridono quando ti vedono arrivare, cosi come ti sorridono anche gli alberi. Per te i fiori indosseranno i loro abiti più vistosi, ti sorprenderanno buttandosi addosso piccole palle di profumo. Tutto è talmente bello, tenero, puro e profumato attorno a te, tutto è come nelle fiabe. E mentre passeggi a zonzo nella foresta, andando da una radura ad altra, prima o poi arrivi alla radura degli angeli. Tu non sai nemmeno che questa è la loro radura giacché i tuoi occhi non riescono percepire gli angeli. Senti solamente che tutto è tremendamente meraviglioso. Ti fermi incantato. E quello è l’attimo in cui il tuo cuore si schiude, inosservati gli angeli ti avvicinano e riempiono il tuo cuore dagli loro tesori celesti, con i più grandi doni che mai esistono nel mondo: la Bontà, l’Amore e la Pace.
Sulla volta celeste, sopra una grossa e folta nuvola bianca sta Iddio soffiando la sua pippa. Mentre ci guarda sorridendo bonariamente dalla sua pippa ne escono tante quelle nuvole a pecorella.
Torni poi tra la gente, tra gli uomini che vivono per distruggere ovvero per accumulare falsi tesori. Ma solamente quando malgrado loro sono malvagi con te, tu le rispondi con bontà, quando sei gentile con tutti, quando anche nei più difficili momenti della vita nel tuo animo regna la pace e la serenità, allora si accorgeranno che tu hai visitato la Radura degli Angeli.
Iran, Persia ha contribuito alla storia spirituale dell'umanità:
con
-l'idea di un dualismo etico, cosmologico, religioso
-il mito di un Salvatore, un'escatologia ottimistica che prevede la vittoria definitiva del bene e la salvezza universale
-la resurrezione del corpo
-mitologia del magus, poi ripreso dal neoplatonismo rinascimentale e Paracelso o Johny Dee
- alcuni miti gnostici
l'idea di un tempo lineare nel posto di quello ciclico già presente agli ebrei
i fonti deludenti per chi conosce le vede, l'Avesta è arida,
solo le GATHA, di Zarathustra possono affascinare
alcuni considerano Za un p.storico riformatore del mazdeismo
La sua biografia, come la biografia di ogni fondatore di religione contiene gli archetipi del salvatore: una luce immensa apparse nel paese dove è nato, una fertilità e gioia sulla pianura dove pascolavano le greggi della sua madre e padre, le peccore mangiarono e la sera mamma e pappa concepiono lo piccolo Zarathustra.
La teosofia, e tutta una lunga tradizione spirituale parla dai diversi corpi eterici che si avvolgono, in forma di cipolla .
Studiando i pathway neurologici ci ho pensato se non fosse possibile che ogni questo pathway neurologico crea dpdv fenomenologico uno di questi corpi, uno si occupa dalla sensibilità fine, l'altra si occupa della percezione della temperatura, l'altra dei movimenti grandi altra dei movimenti fini, altra di propriocezione e di vari tratti neurologici ceh ci permettono di essere ciò che siamo.
No? Il corpo etereo è un'altra cosa.
Le allucinazioni che fanno sentire il profumo di cafe a chi ha perso l'odorato sono allucinazioni? O non? Chi ha un braccio amputato e si guarda nello specchio il braccio sano riesce muovere anche il braccio che non c'è. E' allucinazione o non?
Sia per la serenità tua che per la pace del mondo ricordati che non c'è male che non contenga/che non possa trasformarsi in bene e non c'è mai bene che non contenga in se o che non possa diventare il male.
I morti erano di ritorno da Gerusalemme, dove non avevano trovato ciò che cercavano. Mi pregarono di lasciarli entrare e implorarono il mio verbo, e così iniziai il mio insegnamento:
Ascoltate: io inizio dal nulla. Il nulla è uguale alla pienezza. Nell’infinito il pieno è come il vuoto. Il nulla è vuoto e pieno. Potreste dire altrettanto bene qualche altra cosa del nulla, per esempio che è bianco e nero o che non è o che è. Una cosa infinita ed eterna non ha alcuna qualità poichè ha tutte le qualità. Noi chiamiamo il nulla o la pienezza il PLEROMA. In esso sia il pensiero che l’essere cessano, poichè l’eterno e infinito non possiede qualità. In esso non c’è essere, perchè allora sarebbe distinto dal pleroma, e possiederebbe qualità che lo distinguerebbero come un che di diverso dal pleroma. Nel pleroma c’è nulla e tutto. Non giova riflettere sul pleroma, perchè ciò significherebbe autodissolversi. La CREATURA non è nel pleroma ma in se stessa. Il pleroma è inizio e fine della creatura. La pervade come la luce del sole pervade l’aria dovunque. Benchè il pleroma pervada interamente, pure la creatura non ha parte in questo, come un corpo completamente trasparente non diventa ne’ chiaro ne’ scuro per via della luce che lo pervade. Noi siamo però il pleroma stesso, poichè siamo una parte dell’eterno e infinito. Ma non ne siamo parte, perchè siamo infinitamente lontani dal pleroma, non spazialmente o temporalmente ma ESSENZIALMENTE, in quanto siamo distinti dal pleroma nella nostra essenza di creatura, confinata nel tempo e nello spazio. Ma poichè siamo parti del pleroma, il pleroma è anche in noi. Infinito, eterno e intero è il pleroma anche nel punto più piccolo, poichè piccolo e grande sono qualità in esso contenute. Esso è il nulla che è dovunque intero e continuo. Solo figurativamente quindi io parlo della creatura come parte del pleroma, perchè in effetti il pleroma non è diviso in nessuna parte, essendo il nulla. Noi siamo anche l’intero pleroma perchè, figurativamente, il pleroma è il punto più piccolo (immaginato soltanto, non esistente) in noi e l’illimitato firmamento intorno a noi. Ma perchè mai parliamo allora del pleroma, dal mometo che esso è tutto e nulla? Ne parlo per avere un qualsiasi punto d’inizio, e per liberarvi dall’illusione che in qualche luogo, fuori o dentro, vi sia un qualcosa di fermo o in qualche modo di stabilito fin dall’inizio. Ogni cosa cosiddetta fissa e certa è soltanto relativa. Soltanto ciò che è soggetto a mutare è fisso e certo. Ciò che è mutevole però è la creatura, quindi essa è l’unica cosa fissa e certa; perchè ha delle qualità, ed è anzi qualità essa stessa. E a questo punto domandiamoci: come fu originata la creatura? Le creature hanno origine, ma non la creatura, perchè essa è la qualità del pleroma stesso, così come la non-creazione, la morte eterna. In ogni tempo e luogo c’è creatura, in ogni tempo e luogo c’è morte. Il pleroma ha tutto, distinzione e indistinzione. La distinzione è la creatura. Essa è distinta. La distinzione è la sua essenza, e perciò essa distingue. Di conseguenza l’uomo distingue perchè la sua natura è la distinzione. Perciò egli distingue anche le qualità del pleroma che non esistono. Le distingue fuori dalla sua natura. Quindi l’uomo deve parlare delle qualità del pleroma che non esistono. A che serve parlarne, direte? Hai detto tu stesso che è vana cosa ragionare sul pleroma! Vi ho detto questo per liberarvi dall’illusione che si possa riflettere sul pleroma. Quando noi distinguiamo le qualità del pleroma parliamo in base alla nostra distinzione e a proposito della nostra distinzione, ma non diciamo nulla circa il pleroma. Della nostra distinzione, però, è necessario parlare, affinchè possiamo distinguere a sufficienza noi stessi. La nostra natura è distinzione. Se non siamo fedeli a questa natura non distinguiamo abbastanza noi stessi. Perciò dobbiamo fare distinzioni delle qualità.
Sermone II
Nella notte i morti stavano lungo i muri e gridavano: Vogliamo sapere di Dio. Dov’è Dio? Dio è morto? Dio non è morto, egli vive come sempre. Dio è creatura, perchè è qualcosa di definito e quindi distinto dal pleroma. Dio è qualità del pleroma, e tutto ciò che ho detto della creatura vale anche per lui. Egli è tuttavia distinto dalla creatura perchè è molto più indefinito e indeterminabile di lei. E’ meno distinto della creatura perchè la base del suo essere è pienezza effettiva. Solo nella misura in cui è definito e distinto egli è creatura, e in questa misura è la manifestazione della pienezza effettiva del pleroma. Tutto ciò che noi non distinguiamo cade nel pleroma e si annulla col suo opposto. Perciò, se non distinguiamo Dio, la pienezza effettiva è estinta in noi. Dio è anche il pleroma stesso, così come ogni più piccolo punto nel creato e nell’increato è il pleroma stesso. Il vuoto effettiivo è la natura del demonio. Dio e demonio sono le prime manifestazioni del nulla che chiamiamo pleroma. E’ indifferente se il pleroma è o non è, poichè si annulla in ogni cosa. Non così la creatura. Nella misura in cui Dio e demonio sono creature, non si eliminano l’un l’altro, ma stanno l’uno contro l’altro come opposti effettivi. Non abbiamo bisogno di provare la loro esistenza, basta il fatto che dobbiamo sempre parlarne. Anche se entrambi non fossero, la creatura tornerebbe sempre a distinguerli dal pleroma partendo dalla sua natura di distinzione. Tutto ciò che la distinzione estrae dal pleroma è una coppia di opposti. Perciò a Dio appartiene sempre anche il demonio. Questa inseparabilità è così intima e, come avete appreso, così indissolubile anche nella nostra vita come lo è il pleroma stesso. Ciò deriva dal fatto che entrambi sono vicinissimi al pleroma, nel quale tutti gli opposti si annullano e unificano. Dio e il demonio sono distinti mediante pieno e vuoto, generazione e distruzione. L’EFFETTIVITA’ è comune a entrambi. L’effettività li unisce. Quindi l’effettività è al di sopra di loro ed è un Dio sopra Dio, poichè nel suo effetto unisce pienezza e vuotezza. Questo è un Dio che voi non avete conosciuto, perchè gli uomini lo hanno dimenticato. Noi lo chiamiamo col nome suo ABRAXAS. Esso è più indistinto ancora di Dio e del demonio. Per distinguere Dio da lui, chiamiamo Dio Helios o sole. Abraxas è effetto. Niente gli sta opposto se non l’ineffettivo; perciò la sua natura effettiva si dispiega liberamente. L’inefettivo non è, e non resiste. Abraxas sta al di sopra del sole e al di sopra del demonio. E’ probabilità improbabile, realtà irreale. Se il pleroma avesse un essere, Abraxas sarebbe la sua manifestazione.
E’ l’effettivo stesso, non un effetto particolare, ma effetto in generale.
E’ realtà irreale perchè non ha effetto definito.
E’ anche creatura perchè è distinto dal pleroma.
Il sole ha un effetto definito, e così pure il demonio. E quindi ci appaiono molto più effettivi di Abraxas ch’è indefinito.
E’ forza, durata, mutamento.
A questo punto i morti fecero un grande tumulto, perchè erano cristiani.
Sermone III
Come brume sorgenti da una palude i morti si accostarono e implorarono: parlaci ancora del Dio supremo. Abraxas è il Dio duro a conoscere. Il suo potere è il più grande perché l’uomo non lo vede. Del sole egli vede il summum bonum, del demonio l’infimum malum; ma di Abraxas la VITA, indefinita sotto tutti gli aspetti, che è la madre del bene e del male. Più esile e debole appare la vita rispetto al summum bonum; perciò anche è difficile concepire che Abraxas trascenda in potenza perfino il sole, che è la fonte radiosa di ogni forza vitale. Abraxas è il sole, e al tempo stesso la gola eternamente succhiante del vuoto, di ciò che sminuisce e smembra, del demonio. Duplice è il potere di Abraxas. Ma voi non lo vedete, perché ai vostri occhi gli opposti in conflitto di questo potere si annullano.
Ciò che il Dio sole dice è vita.
Ciò che il demonio dice è morte.
Ma Abraxas pronuncia la parola santificata e maledetta che è vita e morte insieme.
Abraxas genera verità e menzogna, bene e male, luce e tenebra, nella stessa parola e nello stesso atto. Perciò Abraxas è terribile.
E’ splendido come il leone nell’attimo in cui abbatte la preda. E’ bello come un giorno di primavera.
Si, è il grande Pan in persona e anche il piccolo. E’ Priapo.
E’ il mostro del mondo sotterraneo, un polipo dalle mille braccia, nodo intricato di serpenti alati, frenesia.
E’ l’ermafrodito del primissimo inizio.
E’ il signore dei rospi e delle rane che vivono nell’acqua e calpestano la terra, che cantano in coro a mezzogiorno e a mezzanotte.
E’ la pienezza che si unisce col vuoto.
E’ il santo accoppiamento,
E’ l’amore e il suo assassinio,
E’ il santo e il suo traditore,
E’ la luce più splendente del giorno e la notte più oscura della follia,
Vederlo significa cecità,
Conoscerlo è malattia,
Adorarlo è morte,
Temerlo è saggezza,
Non resistergli è redenzione.
Dio dimora dietro il sole, il demonio dietro la notte.
Ciò che Dio genera dalla luce, il demonio lo spinge nella notte. Ma Abraxas è il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione.
Ogni cosa che chiedete supplicando al Dio sole genera un atto del demonio.
Ogni cosa che create col Dio sole dà al demonio il potere di agire.
Questo è il terribile Abraxas.
E’ la creatura più possente, e in lui la creatura ha timore di se stessa.
E’ l’opposizione manifesta della creatura al pleroma e al nulla.
E’ l’orrore che il figlio prova per la madre.
E’ l’amore che la madre prova verso il figlio.
E’ la gioia della terra e la crudeltà del cielo.
Di fronte al suo volto l’uomo impietrisce.
Di fronte a lui non c’è domanda ne’ risposta.
E’ la vita della creatura.
E’ l’operazione della distinzione.
E’ l’amore dell’uomo.
E’ la voce dell’uomo.
E’ l’apparenza e l’ombra dell’uomo.
E’ la realtà illusoria.
Allora i morti ulularono e si infuriarono, perché essi erano imperfetti.
Sermone IV
I morti invasero il luogo mormorando e dissero: Parlaci degli dei e dei demoni, maledetto!
Il Dio sole è il massimo bene, il demonio è l’opposto, perciò voi avete due dei.
Ma ci sono molte cose alte e buone e molti grandi mali, e tra questi vi sono due dei-demoni; uno è QUELLO CHE BRUCIA, l’altro è QUELLO CHE CRESCE.
Quello che brucia è EROS, in forma di fiamma. La fiamma dà luce consumandosi.
Quello che cresce è l’ALBERO DELLA VITA. Esso germoglia ammassando nel crescere materia vivente.
Eros s’infiamma e muore, invece l’Albero della Vita cresce lento e costante per tempi incommensurabili.
Buono e male si uniscono nella fiamma.
Buono e male si uniscono nella crescita dell’albero.
Nella loro divinità vita e amore sono opposti.
Incommensurabile come la moltitudine delle stelle è il numero degli dei e dei demoni.
Ogni stella è un Dio, e ogni spazio che una stella riempie è un demonio. Ma la vuotezza e pienezza del tutto è il pleroma.
L’effettività del tutto è Abraxas, al quale sta opposto soltanto l’irreale.
Quattro è il numero degli dei principali, come quattro è il numero delle misure del mondo.
Uno è l’inizio, il Dio sole.
Due è Eros, perché unisce due insieme e si estende in splendore.
Tre è l’Albero della Vita, perché colma spazio con forme corporee.
Quattro è il demonio, perché apre tutto ciò che è chiuso. Tutto ciò che ha forma e corpo, egli lo dissolve; è il distruttore nel quale ogni cosa diventa nulla.
Me beato, a cui è stato dato di conoscere la molteplicità e diversità degli dei. Guai a voi, che sostituite questa irriducibile molteplicità con l’unico Dio. Così facendo provocate il tormento causato dall’incomprensione, e mutilate la creatura, la cui natura e il suo scopo è la distinzione. Come potete essere fedeli alla vostra natura se cercate di mutare i molti in uno? Ciò che voi fate degli dei è fatto a voi. Diventate tutti uguali e perciò la vostra natura è mutilata. L’uguaglianza prevarrebbe non per volere di Dio ma per volere dell’uomo, perché gli dei sono molti mentre gli uomini sono pochi. Gli dei sono potenti e sopportano la loro molteplicità, perché al pari delle stelle dimorano in solitudine, divisi l’uno dall’altro da immense distanze. Ma gli uomini sono deboli e non sopportano la loro molteplicità, perciò dimorano insieme e abbisognano di comunanza per poter reggere alla loro particolarità. A scopo di redenzione io vi insegno la verità respinta, a causa della quale io sono stato respinto. La molteplicità degli dei corrisponde alla molteplicità degli uomini. Innumerevoli dei attendono di diventare uomini. Innumerevoli dei sono stati uomini. L’uomo partecipa alla natura degli dei, proviene dagli dei e va verso Dio. Come non giova riflettere sul pleroma, così non giova adorare la molteplicità degli dei. Meno di ogni cosa giova adorare il primo Dio, la pienezza effettiva e il summum bonum. Con la nostra preghiera non possiamo aggiungervi nulla ne’ cavarne nulla, perché il vuoto effettivo inghiotte tutto. Gli dei splendenti formano il mondo celeste. Esso è molteplice e si espande e cresce all’infinito. Il Dio sole è il Signore supremo di questo mondo. Gli dei tenebrosi formano il mondo terreno. Sono semplici e diminuiscono e rimpiccioliscono all’infinito. Il demonio è l’infimo signore del mondo terreno, lo spirito lunare, satellite della terra, più piccolo, più freddo e più morto della terra. Non c’è differenza tra il potere degli dei celesti e quello degli dei terrestri. Gli dei celesti diventano sempre più grandi, gli dei terrestri sempre più piccoli. Incommensurabile è il movimento degli uni e degli altri.
Sermone V
I morti urlarono in tono di derisione: Insegnaci, folle, la tua dottrina sulla Chiesa e sulla santa comunione.
Il mondo degli dei si manifesta nella spiritualità e nella sessualità.
Gli dei celesti compaiono nella spiritualità, quelli terrestri nella sessualità.
La spiritualità concepisce e abbraccia. Essa è femmina e perciò la chiamano MATER COELESTIS, madre celeste.
La sessualità genera e crea. Essa è maschile, e perciò la chiamano PHALLOS, il padre terrestre.
La sessualità dell’uomo è più terrestre, la sessualità della donna è più spirituale.
La spiritualità dell’uomo è più celeste, procede verso il più grande.
La spiritualità della donna è più terrestre, procede verso il più piccolo.
Menzognera e diabolica è la spiritualità dell’uomo che procede verso il più piccolo. Menzognera e diabolica è la spiritualità della donna che procede verso il più grande.
Ognuna deve procedere verso il proprio luogo.
Uomo e donna diventano demoni l’uno per l’altra quando non dividono le loro strade spirituali, perché la natura della creatura è la distinzione.
La sessualità dell’uomo va verso il terrestre, la sessualità della donna verso lo spirituale. Uomo e donna diventano demoni l’uno per l’altra se non distinguono la loro sessualità.
L’uomo deve imparare a conoscere il più piccolo, la donna il più grande.
L’uomo deve distinguersi sia dalla spiritualità che dalla sessualità. Deve chiamare la spiritualità Madre e porla tra il cielo e la terra. Deve chiamare la sessualità Phallos e porlo tra sé e la terra, perché la Madre e il Phallos sono demoni sovrumani e manifestazioni del mondo degli dei. Essi sono più effettivi per noi che non gli dei, poiché sono similissimi alla nostra natura. Se non vi distinguete dalla sessualità e dalla spiritualità, e non le considerate come una natura al di sopra di voi e intorno a voi, diventate loro preda come qualità del pleroma. Spiritualità e sessualità non sono vostre qualità, non sono cose che possedete e contenete: esse posseggono e contengono voi, perché sono demoni potenti, manifestazioni degli dei, e quindi cose che vanno al di là di voi, esistenti per se stesse. Nessun uomo ha una spiritualità di per sé, o una sessualità di per sé, ma sta sotto la legge della spiritualità e della sessualità. Perciò nessuno sfugge a questi demoni. Dovete considerarli demoni, e un compito e pericolo comune, un fardello comune che la vita ha posto sulle vostre spalle. Quindi la vita è per voi anche un compito e un pericolo comune, come lo sono gli dei, e primo fra tutti il terribile Abraxas. L’uomo è debole, perciò la comunione è indispensabile. Se la vostra comunione non è sotto il segno della Madre, allora è sotto il segno del Phallos. Nessuna comunione è sofferenza e malattia. La comunione in ogni cosa è smembramento e dissoluzione. La distinzione porta all’unicità. L’unicità è opposta alla comunione. Ma, data la debolezza dell’uomo a petto degli dei e dei demoni e della loro legge invincibile, la comunione è necessaria. Perciò ci dev’ essere tanta comunione quanta è necessaria, non a causa dell’uomo ma a causa degli dei. Gli dei vi forzano alla comunione. E quanto più vi forzano, tanto più occorre comunione, più è male. Nella comunione ogni uomo si sottometta agli altri, di modo che la comunione sia mantenuta, perché voi ne avete bisogno. Nell’unicità l’uomo singolo dev’ essere superiore agli altri, di modo che ogni uomo appartenga a se stesso ed eviti la schiavitù.
Nella comunione ci dev’ essere continenza, nell’unicità ci dev’essere prodigalità.
La comunione è la profondità, l’unicità è l’altezza.
La giusta misura nella comunione purifica e preserva.
La giusta misura nell’unicità purifica e aggiunge.
La comunione ci dà il calore.
L’unicità ci dà la luce
Sermone VI
Il demone della sessualità si accosta alla nostra anima come una serpe. E’ per metà anima umana e significa desiderio di pensiero. Il demone della spiritualità scende nella nostra anima come l’uccello bianco. E’ per metà anima umana e significa pensiero di desiderio. La serpe è un’anima terrena, per metà demoniaca, uno spirito, e simile agli spiriti dei morti. Al pari di questi si aggira fra le cose della terra, facendocele temere o facendo sì che eccitino la nostra bramosia. La serpe ha una natura femminile e cerca sempre la compagnia dei morti legati all’incantesimo della terra, quelli che non hanno trovato la via per passare al di là, all’unicità. La serpe è una meretrice e fornica col diavolo e con gli spiriti malvagi, è un tiranno nefasto e uno spirito tormentatore, che sempre seduce alla comunione più malvagia. L’uccello bianco è un’anima semi-celeste dell’uomo. Esso dimora presso la Madre e discende di quando in quando. L’uccello è maschile ed è pensiero effettivo. E’ casto e solitario, messaggero della Madre. Vola alto sulla terra. Ispira unicità. Porta conoscenza dai lontani che vennero prima e sono perfetti. Porta la nostra parola in alto, alla Madre. Questa intercede, ammonisce, ma non ha alcun potere contro gli dei. E’ un vaso del sole. La serpe scende e paralizza con l’astuzia il demone fallico, oppure lo pungola. Porta alla luce i pensieri astutissimi del terrestre, che strisciano per ogni crepa e aderiscono dovunque succhiando con bramosia. La serpe, certo, non lo vuole, eppure deve esserci utile. Essa sfugge alla nostra presa, mostrandoci così la via che con la nostra intelligenza umana non troveremmo. I morti gettarono occhiate sdegnose e dissero: Cessa di parlare di dei e demoni e anime. Al fin fine questo ci era noto da tempo.
Sermone VII
Ma quando la notte scese i morti tornarono ad accostarsi con gesti lamentosi e dissero: C’è una cosa ancora che abbiamo dimenticato di discutere. Parlaci dell’uomo. L’uomo è una porta attraverso la quale, dal mondo esterno degli dei, dei demoni e delle anime, voi passate nel mondo interiore; dal mondo grande al più piccolo. Piccolo è l’uomo, una nullità, voi lo avete già alle spalle e vi trovate una volta ancora nello spazio senza fine, nell’infinità più piccola o più intima. A incommensurabile distanza c’è una singola stella allo zenith. Questa è il Dio singolo di questo singolo uomo, è il suo mondo, il suo pleroma. la sua divinità. In questo mondo l’uomo è Abraxas, che genera o ingoia il suo mondo. Questa stella è Dio e la meta dell’uomo. E’ il suo Dio singolo che lo guida. In lui l’uomo giunge al riposo, verso di lui procede il lungo viaggio dell’anima dopo la morte, in lui brilla come luce tutto ciò che l’uomo riporta dal mondo più grande. Questo è il solo Dio che l’uomo deve pregare. La preghiera accresce la luce della stella, getta un ponte sopra la morte, prepare la vita per il mondo più piccolo, e lenisce i desideri senza speranza del mondo più grande. Quando il mondo più grande si raffredda, la stella risplende. Nulla c’è tra l’uomo e il suo singolo Dio, per quanto l’uomo possa distogliere gli occhi dallo spettacolo fiammeggiante di Abraxas. Qui l’uomo, là il Dio. Qui debolezza e nullità, là potere eternamente creativo. Qui null’altro che tenebra e vapore glaciale, Là il sole e nient’altro che sole. A questo punto i morti si fecero silenziosi e ascesero come il fumo sopra il fuoco del pastore che nella notte custodiva il suo gregge.
Anagramma
NAHTRIHECCUNDE
GAHINNEVERAHTUNIN
ZEHGESSURKLACH
ZUNNUS.
la disobbedienza contro il PADRE è visto come la nascità della coscienza individuale, sia nella Bibblia che nella mitologia greca dove per generazioni il padre mangia i suoi figli, fino a quando la madre riuscirà a nasconderlo e farlo sopravvivere. E solo allora finirà la generazione dei mostri e si istaura l'ordine nel mondo.
sabato 9 luglio 2016
Un passaggio quotato dal Libro Rosso mi ha fatto pensare che non sia scritto da Jung. E un'opera postuma non sia suo, ma una falsificazione, come ce ne sono tante le opere postume.
"Se invece rimani te stesso, come un individuo che appartiene a se stesso e non al Diavolo, allora ti ricorderai della tua umanità. Ti comporterai quindi con la donna non semplicemente da maschio, bensì da essere umano, vale a dire come se appartenessi al suo medesimo sesso. Ti ricorderai del tuo lato femminile. Ti potrà sembrare di essere poco maschio, per così dire sciocco ed effeminato. (...). E' cosa amara per l'uomo più virile, prendersi cura del suo lato femminile, perche gli sembra un segno di debolezza, ridicolo e non bello. Sì ti par di aver perso ogni virtù come se fossi stato umiliato. Lo stesso succede alla donna che accetta il proprio lato maschile. (...) Accogliere il lato femminile porta alla completezza. Lo stesso vale per la donna che accetta il suo lato maschile."
C.G. Jung, Liber Novus, pp. 263, 26)
I miei dubbi erano: non so, non mi convince. Gli uomini sono molto più gentili con le donne di quanto sono gli uni con gli altri. Perché dovrebbero trattarci come si trattano tra di loro?! Non avrei pensato e non penso che Jung vedeva in questo modo sempliciotto femminista il rapporto tra i sessi seconda cosa strana è che per Jung, Mefistotele è il personaggio il più interessante di Faust e considera Faust un cretino perché ala fine si mette sulla parte del bene.. Come può allora dire che: "Se invece rimani te stesso, come un indiviuo che appartiene a se stesso e non al Diavolo" quando è proprio quella cretinata che a 14 anni condannava a Faust?!
Ma cos'è questo Liber Novus?! Questo non è Jung.E' una falsificazione di Jung come spesso succede nelle opere postumi.questo non è Jung. Lui non ha mai publicao cose cosi sempliciotte.
basta metterlo a confronto con ciò che Jung veramente ha pubblicato e ha firmato.
Io ho sentito sto Sonu Shamadasi ((quello che ha scoperto sto libro) a C.G.Jung Istitut a Zurigo, ma neanche allora ho capito perché vuole riscrivere tutta l'opera di Jung, quando Jung stesso ha aprovato l'edizione tedesca ed inglese delle proprie Opere complete. Solo che non sapevo contiene contradizioni cosi evidenti col pensieri del maestro.
Io nelle opere complete di Jung non vedo contradizioni, vedo contradizioni tra quest'opera postuma e la sua opera publicata da lui stesso.
Ma io conosco bene Jung, e questo libro non l'aveva publicato lui, (questo è siccuro) e non riflette i suoi pensieri.
Lucia Turi TeszlerInoltre Jung ha 20 volumi di Opere complete, molto interessanti per chi ama Jung. Ci tiene per forza di occuparsi proprio di un libro postumo "nascosto a tutti, conosciuto solo da un solo alunno (forse)" quindi molto probabilmente un falso (venduto bene) ?
risultati del suo confronto con l'inconscio sono Septem sermones ad mortuos e Waldungen...Quelle sono pubblicate da lui stesso. Anche nel Waldungen descrive il viaggio dell'Eroe ma non scrive cose cosi sempliciotte e superficiali come la citazione di sopra, non è da lui."ed ogni sillaba di quel testo per noi analisti, è totalmente riconducibile a tutta la sua opera omnia" Allora non conoscete bene Jung. Poi la elaboro....anche se parlo con i muri, probabilment esi incontrano interessi più grandi.
Non è un uovo di cui bisogna uscire, il mondo è struttura di cipolla, ci si risveglia (ci si libera dei condizionamenti), poi dopo anni ci si risveglia da quel risveglio precedente e probabilmente si arriva solo a un nuovo livello di illusione malgrado ci si pensa che questa è la realtà. Da 16 anni in poi ho sperimentato certo vari risvegli e ho tralasciato vari condizionamenti.Non c'è una unica nascità spirituale. Cambiamo anche noi e anche il mondo cambia, per questo non c'è un solo guscio da cui liberarsi, e anche dalle liberazioni passati ci si accorge dopo anni che sono diventati nuovi condizionamenti. Forse il fondamentalismo è proprio il fatto che pensiamo che nella vita c'è una sola liberazione, e confondiamo una verità piccola con la Verita.Chissà se è un caso che nel Demian che citi il risveglio coincide con la guerra mondiale, quindi è pura distruzione.
CANTO DEGLI SPIRITI SULLE ACQUE, trad Diego Valeri
Des Menschen Seele
Gleicht dem Wasser:
Vom Himmel kommt es,
Zum Himmel steigt es,
Und wieder nieder
Zur Erde muß es,
Ewig wechselnd.
Strömt von der hohen,
Steilen Felswand
Der reine Strahl,
Dann stäubt er lieblich
In Wolkenwellen
Zum glatten Fels,
Und leicht empfangen
Wallt er verschleiernd,
Leisrauschend
Zur Tiefe nieder.
Ragen Klippen
Dem Sturz entgegen,
Schäumt er unmutig
Stufenweise
Zum Abgrund.
Im flachen Bette
Schleicht er das Wiesental hin.
Und in dem glatten See
Weiden ihr Antlitz
Alle Gestirne.
Wind ist der Welle
Lieblicher Buhler;
Wind mischt vom Grund aus
Schäumende Wogen.
Seele des Menschen,
Wie gleichst du dem Wasser!
Schicksal des Menschen,
Wie gleichst du dem Wind!
Simile all'acqua
è l'anima dell'uomo.
Viene dal cielo,
risale al cielo,
di nuovo scendere
deve alla terra,
in perpetua vicenda.
Il getto limpido
sgorga dall'arduo
precipite dirupo;
sul sasso liscio
si frange in belle
nuvole di pulviscolo;
ondeggia accolto
in dolce grembo,
tra veli e murmuri,
al basso va scorrendo.
Scogli si drizzano
contro il suo émpito;
egli spumeggia iroso
di gradino in gradino
verso l'abisso.
Indi per lento letto
di prati volgesi,
e fa specchio di lago,
dove il lor viso
miran tutte le stelle.
Ma dolce amante
dell'onda è il vento;
e talvolta dal fondo
flutti spumanti suscita.
O anima dell'uomo,
come all'acqua somigli!
O destino dell'uomo
come somigli al vento!
Rudolf Meyer interpretand basmele populare germane scria:
Oamenii care traiesc la margine de apa pastreaza adesea, timp mai indelungat o stare care nu lasa sufletul sa iasa complet din tesatura onirica in constienta diurna treaza, clar conturata. A privi spre valuri ore intregi zi de zi, iti largeste sufletul ba chiar extrage bland delicatele forte eterice din corporal
"Se il marito guarda con amore la moglie e la moglie guarda con amore il marito, Dio guarda con amore entrambi" Il Profeta Maometto
L'imperatore turco Ulugh Bey (o Ulugh Beg, 1393-1449), eminente scienziato, aveva fatto scolpire sulla facciata delle università da lui fondate a Bukhara e a Samarkanda il detto del Profeta Maometto: "Uomo o donna, ogni musulmano deve studiare le scienze". Inutile dire che le sue università erano frequentate da uomini e da donne, e queste si distinsero al punto da diventare giudici e docenti. Il fatto fu tutt'altro che raro nel mondo islamico dei periodi d'oro.
Questi, per tutto il mondo, non sembrano essere più periodi d'oro; e l'attuale realtà dell'Islam è complessa e differenziata al massimo, poiche' si esprime in paesi, ambienti, etnie e culture altamente differenziate. Si va dalla Repubblica turca (nazione a livello europeo) al regno dell'Arabia Saudita o dello Yemen, ancorati a tribalismi medioevali. La sopravvivenza di costumi locali preislamici - costumi anche aberranti contro i quali ci si puo' accanire a giusta ragione, ma che nulla hanno a che vedere con l'Islam - va da quelli dell'Africa nera a quelli dell'Indocina. Non si puo' fare d'ogni erba un fascio, occorre saper procedere alle necessarie distinzioni. In effetti, il Corano ha liberato la donna dal degrado preislamico, conferendole gli stessi diritti degli uomini, tutelandone le proprieta' e il diritto all'eredita', affidando a lei i figli in caso di divorzio - divorzio che in ogni caso, sia l'uomo a chiederlo, sia la donna a chiederlo, tutela la donna, poiche' a lei da' per legge coranica tutte le sue proprieta', tutti i doni che ha ricevuto, e un quarto delle proprieta' del marito. Per l'Islam la donna ha il diritto di scegliere l'aborto, se lo vuole; ed e' solo la donna che ne puo' decidere, non l'uomo. A giusta ragione il piu' eminente teologo del nostro secolo, Si Hamza Boubakeur (rettore della Moschea di Parigi, rettore dell'Istituto universitario Islamico di Francia, membro del Parlamento francese, discendente diretto di Abu Bakr) ha scritto: "Le genti male informate e i detrattori dell'Islam che generalmente non retrocedono davanti a nessuna menzogna, lo accusano d'aver distrutto la condizione femminile: Tuttavia nessuna religione conosciuta, sia pagana sia rivelata, monoteista o politeista, e' tanto favorevole al bambino e alla donna quanto l'Islam". Si dice in Occidente che il Corano discrimina la donna a favore dell'uomo togliendole la parita' dei diritti anche nell'ambito religioso. Dice il Corano: "I Musulmani e le musulmane, i credenti e le credenti, gli oranti e le oranti, gli uomini veritieri e le donne veritiere, i perseveranti e le perseveranti, quelli e quelle che temono Dio, quelli e quelle che sono caritatevoli, quelli e quelle che digiunano, quelli e quelle che sono temperanti, quelli e quelle che invocano sovente Dio, Dio ha riservato loro perdono e una ricompensa magnifica" (33a-35).
Per l'Islam, il matrimonio è un contratto sociale, non un sacramento. Nel Corano le regole matrimoniali - e del pari i diritti ereditari delle donne - sono ben chiari, espressi nella seconda Sura, dal versetto 221 al versetto 242. In altri passi dice il Corano: "Credenti. Non vi e' lecito diventare eredi delle vostre mogli contro la loro volonta'. E nemmeno costringerle, per togliere loro una parte di cio' che avete donato loro, a meno che esse non abbiano commesso una turpitudine manifesta. Comportatevi onestamente nei loro confronti. Se avete avversione per loro, è possibile che abbiate avversione per una cosa nella quale Dio ha messo un gran bene" (4a-19). Il Corano continua cosi', in questa Sura, sino al versetto 28, con altre proibizioni che pongono le donne al riparo delle disonesta' degli uomini.
Cio' per quanto riguarda la religione. Certo e' pur vero che in paesi islamici arretrati, in luoghi in cui sopravvivono ancora oggi costumi e consuetudini preislamici, gli inviti del Corano non sono del tutto seguiti, e questo a carattere generale. E' indubbio che la Francia e l'Albania sono paesi d'Europa; e' indubbio che tanto a Milano quanto a Corleone siamo in Italia, ma le differenze socio-economiche-politiche non possono essere negate. Non si puo' generalizzare, non si puo' fare d'ogni erba un fascio.
Se non ci fosse stata Khadija? Diede al Profeta una sicurezza, lo conforto' quando ricevette la prima Rivelazione e nei momenti di sconforto e di pericolo dei primi tempi. Con la sua morte, i Quraishiti si sentirono liberi di organizzare l'assassinio del Profeta, che per questo dovette fuggire a Yatrib. Quando, nel corso della battaglia di Uhud, il Profeta cadde ferito, dall'assalto dei nemici lo salvo' una donna coraggiosa e pugnace: Nusayba bint Ha'b.
Come detto sopra, la sola donna ha il diritto di scegliere l'aborto, se lo desidera, secondo le quattro disposizioni della Legge religiosa, espresse in particolare da Abû Hâmid âlGhazâlî, l'eminente teologo turco (1058-1111): 1) una nascita che potrebbe portare pregiudizio alla salute della madre (Corano, 4a-3); 2) una nascita che portasse nocumento al tono economico familiare; 3) una nascita il cui concepimento e' stato imposto con la forza; 4) una nascita che potrebbe compromettere la bellezza della madre. In ogni caso i medici dell'Islam misero a punto sin da mille anni or sono tutta una serie di validi contraccettivi e alcuni contraccettivi contemporanei (Supposte Maltus, Coni Randell) si sono basati sui principi attivi dei contraccettivi comuni nel mondo islamico.
Il velo non e' una specifica imposizione coranica (il Corano indica la pudicizia e l'abbigliamento conveniente). E' piuttosto un costume preislamico ed e' ancora oggi condiviso a volte con comunita' non musulmane. Pertanto in alcuni paesi esso e' in uso, in altri non e' neanche accettato. In uno stesso paese vi sono zone in cui si porta il velo, o il foulard, e zone in cui non lo si porta. E' piuttosto una sorta di divisa in ambienti in cui si vuol far notare la propria appartenenza a una corrente fondamentalista. Anche San Paolo impose il velo alle cristiane (11,6) e le escluse dalla ritualistica. Roger Garaudi disse del velo: "Criminale imporlo, criminale vietarlo", in un'intervista organizzata dal Centro Islamico di Parigi alla televisione Antenne 2 (18 ottobre 1992).
Donne sufi (i sufi sono i mistici dell'Islam da secoli organizzati in Confraternite regolari): da un volume de shaykh Javad Nurbakhsh, intitolato appunto Donne Sufi, se ne rilevano 124. Importante fu la Maestra spirituale di Dhû âlNûn âlMisri, la turca Fâtima âlNîsâbûriyya. La piu' nota di tutte e' probabilmente l'irakena Rabi'a âl'Adawiyya.
Numerose sono state le donne musulmane regine, capi di stato, condottiere, nei secoli passati. La piu' importante fu forse la Raziye Khatûn, sultana di Delhi, in India, nel XIII secolo. Nel 1232 essa conquistava lo stato di Gwalior. La scrittrice Bahriye Üçok, deputata la governo turco, ha elencato in un suo libro (Donne turche sovrane e reggenti negli stati islamici), sedici regine non turche e ventotto tra regine, imperatrici e reggenti negli stati turchi. Sono da rammentare fra queste Shajar âlDurr, regina mamelucca d'Egitto dal 1249 al 1250; e la dinastia di begum che regnarono sullo stato indiano di Bhopal dal 1844 al 1926. Ultima fu la begum Sultan Jahan, che regno' dal 1901 al 1926. Alcune Validé Sultan della Corte ottomana turca furono reggenti del trono imperiale durante la minore eta' del loro figlio successore al trono (ad esempio Kösem Mahpeyker, 1589-1651, che regno' dal 1623 al 1632; Hadice Tarhàn, 1627 c.-1683). Scrittrici e giornaliste musulmane contemporanee che si battono per eliminare le interpretazioni maschiliste del Corano, affinche' l'uguaglianza propugnata dal Corano diventi un'eguaglianza anche nella pratica:
Azizah âlHibri Amina Wadud-Muhsin Fatima Mernissi Riffat Hassan Laila Ahmad Aisha AbdulRahman Merryl Wyn Davies Huda Valente
Sono da ultimo importanti anche le testimonianze di donne europee, sulla liberta' delle donne turche nei secoli scorsi: in particolare Lady Mary Wortley-Montagu, che nel Settecento fu la moglie dell'ambasciatore inglese a Istànbul; e Cristina Belgioioso-Trivulzio, che nell'Ottocento fu un'irredentista italiana tra le più importanti. Lady Mary Wortley-Montagu, nelle sue Lettres pubblicate piu' volte in Europa a partire dall'edizione Claland di Londra del 1763, scrive: "Le donne ... sono padrone del proprio denaro, che prendono con loro al momento di un eventuale divorzio, oltre alla somma che il marito e' obbligato a versar loro. A conti fatti penso che le donne turche sono gli esseri piu' liberi dell'impero. Perfino il Parlamento le rispetta, il Gran Signore, quando un pascia' e' condannato a morte, non infrange mai il privilegio degli appartamenti, che passano inviolati direttamente alla vedova. Regnano come regine sulle loro schiave che i mariti non hanno mai il permesso di guardare... Le donne turche sono libere da ogni preoccupazione, passano il loro tempo in visite, in bagni, e nella occupazione gradevole di spender denaro e di inventare nuove mode." Cristina Belgioioso-Trivulzio, nel suo Scènes de la vie turque stampata a Parigi da Michel Lèvy nel 1858, scrisse: "Non v'e' un solo turco che si permetta di maltrattare una donna, e io conosco donne d'ogni classe della societa' musulmana che tirano la barba ai loro mariti senza che questi usino delle rappresaglie sui loro capelli. Si potrebbe scrivere un intero libro di aneddoti curiosi che testimoniano il rispetto e la condiscendenza del sesso forte nei riguardi del sesso debole." E nel suo Diario: "La famiglia del contadino turco e' simile a quella del contadino cristiano e, lo dico con rammarico, il primo potrebbe servire da esempio al secondo. Per cio' che riguarda la fedelta', il vantaggio sarebbe del turco, perche' tale virtu' non gli e' imposta ne' dalla fede religiosa ne' da quella civile, ne' dagli usi, ne' dai costumi ne' dall'opinione pubblica, ma dalla bonta' della sua natura, alla quale ripugna il pensiero di affliggere la propria compagna. E non le fa mai pagare il privilegio, di cui non osa privarla, di essere la sola padrona di casa... Le grandi dame di Istànbul non si tengono paghe di vedere il mondo attraverso le griglie delle loro finestre; vanno a passeggio nella citta', nel bazar, ovunque loro garba e senza essere sottomesse ad alcuna sorveglianza incomoda."
Naturalmente, ho detto all'inizio, tenendo conto che l'attuale realta' dell'Islam e' complessa e differenziata ala massimo, poiche' si esprime in paesi, ambienti, etnie e culture altamente differenziate. Si va dalla Repubblica Turca (nazione a livello europeo) al regno dell'Arabia Saudita o dello Yemen, ancorati a tribalismi medioevali. La sopravvivenza di costumi locali preislamici - costumi anche aberranti contro i quali ci si puo' accanire a giusta ragione, ma che nulla hanno a che vedere con l'Islam - va da quelli dell'Africa nera a quelli dell'Indocina. Non si puo' fare di ogni erba un fascio, occorre saper procedere alle necessarie distinzioni.
Intervento del Prof. Gabriele Mandel nell'ambito della Lezione "Il ruolo delle donne nell'Islam tra insegnamenti e tabu' sociali", tenutasi il 12 marzo 1996 presso l'Universita' Statale di Milano.